Se in astratto la condotta qualificabile quale “abuso discriminatorio”, “abuso di dipendenza economica” e “atto di concorrenza sleale”, ai sensi dell’art. 3 L. 287/1990, dell’art. 102 TFUE e dell’art. 2598 c.c., può essere individuata nel rifiuto di accordare ulteriori dilazioni di pagamento ad un soggetto debitore e concedere, invece, ad altro soggetto debitore in medesima posizione debitoria con l’unico creditore, concessioni di favore non concesse al primo, in concreto le relative circostanze vanno soggette al rigoroso onere della prova da formarsi da chi allega l’abuso, al fine di accertare la effettiva sussistenza della condotta illecita (ovvero la concessione di condizioni diverse per prestazioni equivalenti, così determinando uno svantaggio per la concorrenza), l’esistenza del danno asserito e il nesso di causalità tra la condotta che si assume illecita ed il danno lamentato.