• Concorrenza - Aspetti generali -Commercio

13 giugno 2019

La Corte di Giustizia dichiara la procedura di risoluzione delle controversie tra investitori e Stati prevista dal CETA compatibile con il diritto dell’Unione

di Roberto A. Jacchia e Sara Capruzzi

In data 30 aprile 2019 la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha emesso il Parere 1/17, Accordo CETA UE-Canada, pronunciandosi sulla compatibilità con il diritto dell’Unione della procedura di risoluzione delle controversie tra investitori e Stati istituita dall’Accordo economico e commerciale globale tra il Canada e l’Unione Europea ed i suoi Stati Membri (Comprehensive Economic and Trade Agreement, CETA)[1].

Il 30 ottobre 2016 il Canada e l’Unione Europea e i suoi Stati Membri hanno siglato a Bruxelles il CETA, un accordo di libero scambio di ampio respiro che mira alla riduzione dei dazi doganali e delle barriere non tariffarie che incidono sul commercio dei beni e dei servizi, e regola al tempo stesso materie quali investimenti, appalti pubblici, concorrenza, tutela della proprietà intellettuale e sviluppo sostenibile.

Il CETA non è ancora stato perfezionato. La Decisione (UE) 2017/37[2] del Consiglio relativa alla firma dell’Accordo a nome dell’Unione, dispone che questo possa venire firmato a condizione che siano rispettate le procedure necessarie per la sua conclusione, e ne autorizza la firma, con tale riserva[3]. In forza della Decisione (UE) 2017/38[4], numerose disposizioni del CETA sono applicate a titolo provvisorio. Queste non includono, tuttavia, le disposizioni rientranti nel Capo 8, Sezione F, relative alla risoluzione delle controversie tra investitori e Stati in materia di investimenti[5]. Tale Sezione ha ad oggetto l’istituzione di una procedura specifica di risoluzione delle controversie tra investitori e Stati (Investor-State Dispute Settlement, ISDS), prevedendo la costituzione di un tribunale e di un tribunale d’appello nonché, successivamente, di un tribunale multilaterale per gli investimenti. È prevista quindi l’istituzione di un vero e proprio sistema giurisdizionale degli investimenti in seno al CETA (Investment Court System, ICS).

Il 7 settembre 2017 il Belgio ha richiesto alla Corte di Giustizia un parere sulla compatibilità delle disposizioni che prevedono la creazione della procedura ISDS con il diritto dell’Unione, ed in particolare: (i) con l’autonomia dell’ordinamento giuridico dell’Unione; (ii) con il principio generale di parità di trattamento e con il principio di effettività; (iii) con il diritto di accesso ad un giudice indipendente[6].

Secondo quanto affermato dalla Corte nel Parere 1/09, Accordo sulla creazione di un sistema unico di risoluzione delle controversie in materia di brevetti dell’8 marzo 2011, il Belgio ha ricordato che sussiste un’incompatibilità con l’autonomia dell’ordinamento dell’Unione quando sia previsto che un organo giurisdizionale internazionale creato da un accordo che vincola l’Unione possa essere chiamato ad interpretare ed applicare sia le disposizioni dell’accordo sia le disposizioni del diritto dell’Unione. Nella fattispecie, il tribunale del CETA, ogniqualvolta sia chiamato a pronunciarsi in merito a possibili violazioni di una delle disposizioni dell’accordo per effetto di misure adottate dall’Unione, potrebbe trovarsi a dover interpretare la portata di tali misure e ad esprimersi anche sulle disposizioni del diritto dell’Unione alla base delle misure adottate. Inoltre, non essendo prevista la possibilità di investire la Corte di Giustizia di una questione preliminare, potrebbe darsi il caso in cui una sentenza definitiva del tribunale del CETA risulti direttamente vincolante per l’Unione. Ciò, a parere del Belgio, potrebbe compromettere la competenza esclusiva della Corte relativamente all’interpretazione del diritto dell’Unione.

Il Belgio ha altresì osservato che le imprese e le persone fisiche canadesi e gli investitori canadesi, per quanto concerne i loro investimenti nell’Unione, potranno portare una controversia dinanzi al tribunale del CETA, mentre tale facoltà non è riconosciuta alle imprese e alle persone fisiche degli Stati Membri ed agli investitori dell’Unione. Ciò potrebbe costituire un’incompatibilità con gli articoli 20[7] e 21[8] della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione[9]. In aggiunta, il Belgio si chiede se il CETA leda i principi di parità di trattamento e di effettività del diritto dell’Unione nello stabilire, per gli investitori canadesi, che una sentenza adottata dal tribunale del CETA, in circostanze particolari potrebbe porre nel nulla un’ammenda inflitta dalla Commissione o da un’altra Autorità di vigilanza di uno Stato Membro per violazione del diritto della concorrenza, concedendo una compensazione equivalente all’ammenda[10].

Infine, il Belgio nutre dubbi sulla compatibilità della procedura ISDS con il diritto fondamentale di accesso a un giudice indipendente, enunciato all’articolo 47 della Carta dei Diritti Fondamentali[11]. In particolare, ritiene che possa essere eccessivamente difficile per le piccole e medie imprese l’accesso al tribunale del CETA, poiché i costi e le spese dei suoi membri sono posti a carico delle parti e le spese del procedimento e quelle di rappresentanza e assistenza legale sono sostenute dalla parte soccombente. Non essendo previsto dal CETA il gratuito patrocinio, il rischio di dover affrontare procedimenti costosi potrebbe dissuadere dal presentare una domanda un investitore che non possa affrontarne le spese. Il Belgio ha inoltre osservato che le condizioni di retribuzione dei giudici del tribunale e del tribunale d’appello del CETA non sono stabilite dal testo dell’Accordo, ma sono rimesse alla valutazione discrezionale del comitato misto CETA. L’Accordo prevede infatti una retribuzione mensile dei membri del tribunale, a cui si aggiungono degli onorari in funzione delle giornate di lavoro dedicate a una controversia, e non già una retribuzione fissa regolare. Tale aspetto potrebbe influenzare le decisioni dei membri del tribunale, poiché la loro retribuzione dipenderebbe parzialmente dal numero di controversie proposte dagli investitori e, di conseguenza, lo sviluppo di una giurisprudenza favorevole agli investitori avrebbe un effetto positivo sulla retribuzione e potrebbe essere all’origine di un conflitto di interessi[12]. Altro punto oggetto di riserve concerne la procedura di nomina dei membri del tribunale e del tribunale d’appello del CETA. Essi sono, infatti, nominati dal comitato misto CETA, presieduto contemporaneamente dal Ministro del Commercio Internazionale del Canada e dal membro della Commissione responsabile del Commercio, senza che sia previsto alcun coinvolgimento di un’autorità indipendente costituita anche da membri del potere giudiziario[13].

Con riguardo alla questione della compatibilità della procedura ISDS prevista con l’autonomia dell’ordinamento dell’Unione, la Corte ha innanzitutto ricordato che un accordo internazionale, il quale preveda l’istituzione di un organo giurisdizionale incaricato dell’interpretazione delle sue disposizioni e le cui decisioni vincolino l’Unione, è compatibile, in linea di principio, con il diritto dell’Unione. Un accordo internazionale concluso dall’Unione può altresì incidere sulle competenze delle istituzioni dell’Unione purché, tuttavia, le condizioni essenziali di salvaguardia di dette competenze siano soddisfatte e pertanto non si leda l’autonomia dell’ordinamento dell’Unione. Tale autonomia trova fondamento nel quadro costituzionale proprio dell’Unione, costituito, tra l’altro, dai valori fondanti di cui all’articolo 2 del Trattato sull’Unione Europea (TUE) (ossia il rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e dei diritti dell’uomo). Al fine di tutelare le caratteristiche specifiche e l’autonomia dell’Unione, i Trattati hanno istituito un sistema giurisdizionale destinato ad assicurare la coerenza e l’unità nell’interpretazione del diritto dell’Unione[14]. La procedura ISDS prevista dal CETA si colloca al di fuori del sistema giurisdizionale dell’Unione[15]. Secondo la Corte, poiché i tribunali istituiti dall’Accordo si pongono all’esterno del sistema giurisdizionale dell’Unione, essi non possono essere legittimati a interpretare o applicare le disposizioni del diritto dell’Unione diverse da quelle del CETA o a pronunciare decisioni che possano avere l’effetto di impedire alle istituzioni dell’Unione di funzionare conformemente al quadro costituzionale di quest’ultima. Entro tali limiti, la Corte ha ritenuto che il diritto dell’Unione non osta né alla creazione di un tribunale, di un tribunale d’appello e, successivamente, di un tribunale multilaterale degli investimenti, né al fatto che il CETA attribuisca loro la competenza a interpretare e applicare le disposizioni dell’accordo alla luce delle norme e dei principi di diritto internazionale applicabili tra le parti del CETA[16].

La Corte ha rilevato che, nel caso di specie, emerge dal testo del CETA che questo non attribuisce ai tribunali ivi previsti nessuna competenza nell’interpretazione o nell’applicazione del diritto dell’Unione diversa da quella vertente sulle disposizioni di tale Accordo. Inoltre, l’Accordo attribuisce non al tribunale del CETA, e bensì all’Unione, il potere di determinare, quando un investitore canadese mira a contestare misure adottate da uno Stato Membro e/o dall’Unione, se la controversia, in considerazione delle norme sulla ripartizione delle competenze tra l’Unione e i suoi Stati Membri, debba essere promossa nei confronti di detto Stato Membro oppure dell’Unione. La competenza esclusiva della Corte a statuire sulla ripartizione delle competenze tra l’Unione e i suoi Stati Membri è pertanto preservata[17].

La Corte ha altresì esaminato l’ipotesi in cui, nell’ambito delle valutazioni dei tribunali previsti dall’Accordo CETA su restrizioni della libertà di impresa invocate da un investitore, essi dovessero mettere in discussione il livello di protezione di un interesse pubblico che abbia giustificato l’introduzione di tali restrizioni da parte dell’Unione nei confronti di tutti gli operatori che investono nel settore commerciale o industriale in questione del mercato interno. Il CETA prevede delle disposizioni che privano i tribunali del potere di mettere in discussione le scelte democraticamente operate dall’Unione riguardanti la tutela dell’ordine pubblico, della pubblica sicurezza, della morale pubblica, della salute e della vita delle persone e degli animali, della sicurezza degli alimenti, delle piante, dell’ambiente, del benessere nel luogo di lavoro, della sicurezza dei prodotti, dei consumatori o ancora dei diritti fondamentali. L’autonomia dell’ordinamento giuridico dell’Unione non risulta perciò compromessa[18].

Per quanto riguarda la compatibilità con il principio generale della parità di trattamento, la Corte ha rilevato che l’articolo 21, secondo paragrafo, della Carta dei Diritti Fondamentali, che corrisponde all’articolo18, primo comma, TFUE, non si applica al caso di un differente trattamento ricevuto dai cittadini degli Stati Membri e quelli di Stati terzi[19]. L’articolo 20 della Carta, invece, si applica a tutte le situazioni disciplinate dal diritto dell’Unione, come quelle che rientrano nel campo d’applicazione di un accordo internazionale concluso da quest’ultima[20] e quindi, nel caso di specie, agli investimenti effettuati nell’Unione dalle imprese e dalle persone fisiche canadesi. Il principio di uguaglianza davanti alla legge enunciato all’articolo 20 della Carta consacra il principio di parità trattamento, il quale impone che situazioni analoghe non siano trattate in maniera differente e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che non esista una giustificazione obiettiva[21]. L’ipotesi indicata dal Belgio concerne l’impossibilità, per le imprese e le persone fisiche degli Stati Membri che investono nell’Unione e che sono soggette al diritto di quest’ultima, di contestare misure dell’Unione dinanzi ai tribunali previsti dal CETA, mentre le imprese e le persone fisiche canadesi che investono nello stesso settore commerciale o industriale del mercato interno dell’Unione potranno contestare dette misure dinanzi a tali tribunali. La Corte ha tuttavia rilevato che se, da un lato, le imprese e le persone fisiche canadesi che investono nell’Unione si trovano in una situazione paragonabile a quella delle imprese e delle persone fisiche degli Stati Membri che investono in Canada, dall’altro la loro situazione non è paragonabile a quella delle imprese e delle persone fisiche degli Stati Membri che investono nell’Unione. Secondo la Corte, la facoltà per le imprese e le persone fisiche canadesi che investono nell’Unione di invocare il CETA dinanzi ai tribunali ivi previsti mira a conferire loro, nella loro qualità di investitori stranieri, uno strumento specifico per reagire ai provvedimenti dell’Unione e, pertanto, la parità di trattamento non viene inficiata.

Con riferimento, invece, ad una ipotetica incompatibilità con il principio di effettività, la Corte ha osservato che la domanda di parere riguarda solamente il caso in cui il tribunale del CETA constati che l’imposizione, in base a una violazione dell’articolo 101 TFUE o dell’articolo 102 TFUE, di un’ammenda a un investitore canadese sia incompatibile con le disposizioni delle sezioni C e D del CETA. In base a queste, una tale pronuncia sarebbe possibile unicamente nell’ipotesi in cui la decisione che infligge l’ammenda risulti inficiata da uno dei vizi di cui all’articolo 8.10, paragrafo 2, del CETA[22] o privi l’investitore degli attributi fondamentali del suo investimento, ivi compreso il diritto di usarne, goderne e disporne ai sensi dell’allegato 8-A, punto 1, lettera b). Al contrario, nel caso in cui sia stata effettuata un’applicazione regolare delle norme di concorrenza da parte della Commissione o di un’Autorità di concorrenza di uno Stato Membro, una pronuncia del genere non sarebbe possibile[23]. Solo nel primo caso (vizi di cui all’articolo 8.10, paragrafo 2, dell’Accordo o privazione degli attributi fondamentali dell’investimento), la decisione del tribunale del CETA potrebbe annullare l’ammenda inflitta. La Corte ha ritenuto che ciò non lederebbe il principio di effettività, in quanto l’ordinamento dell’Unione permette esso stesso l’annullamento di un’ammenda per violazione delle norme a tutela della concorrenza quando la sua irrogazione è inficiata da un vizio corrispondente a quello che il tribunale del CETA potrebbe accertare[24].

Per quanto riguarda, infine, il diritto di accesso ad un giudice indipendente, la Corte ha constatato che dalle disposizioni dell’Accordo[25] risulta che questo mira a rendere il tribunale del CETA accessibile a qualsiasi impresa e a qualsiasi persona fisica canadese che investa nell’Unione, nonché a qualsiasi impresa e a qualsiasi persona fisica di uno Stato Membro dell’Unione che investa in Canada. A tal fine è previsto nell’Accordo che sarà compito del comitato misto CETA valutare regole ulteriori per ridurre gli oneri economici posti a carico delle piccole e medie imprese[26]. Tuttavia, in assenza di un regime diretto a garantire l’accessibilità economica del tribunale e del tribunale d’appello del CETA alle persone fisiche e alle piccole e medie imprese, la procedura ISDS rischia, in pratica, di essere accessibile ai soli investitori che dispongano di rilevanti risorse economiche[27]. A tal riguardo, la Corte ha rilevato che la Commissione e il Consiglio, nella dichiarazione n. 36 sulla protezione degli investimenti e sul sistema giurisdizionale per gli investimenti[28], si sono impegnati a garantire che "… l’accesso a questa nuova giurisdizione per gli utenti più deboli, ossia le piccole e medie imprese e i privati, sarà migliorato e facilitato…", che "…l’adozione da parte del comitato misto delle regole supplementari di cui all’articolo 8.39, paragrafo 6, del CETA, (...) sarà effettuata in modo che queste regole supplementari possano essere adottate il più presto possibile…" e che "… indipendentemente dall’esito delle discussioni in sede di comitato misto, la Commissione proporrà misure adeguate di (co)finanziamento pubblico delle azioni delle piccole e medie imprese dinanzi a questa giurisdizione…". Tali impegni sono stati ritenuti sufficienti per concludere che il CETA è compatibile con il principio di accessibilità alla giustizia, in quanto condizionano ad essi l’approvazione dell’Accordo da parte dell’Unione[29]. Infine, la Corte ha concluso che il CETA contiene garanzie sufficienti per assicurare l’indipendenza dei membri dei tribunali previsti[30].

Alla luce delle osservazioni svolte, la Corte ha disposto che:

"Il capo otto, sezione F, dell’accordo economico e commerciale globale tra il Canada, da una parte, e l’Unione europea e i suoi Stati membri, dall’altra, siglato a Bruxelles il 30 ottobre 2016, è compatibile con il diritto primario dell’Unione europea.".
 


Avv. Roberto A. Jacchia - Dott.ssa Sara Capruzzi - Studio Legale De Berti Jacchia Franchini Forlani

Fonte: dejalexonbrexit.eu

 


 

[1] GUUE L 11 del 14.01.2017.

[2] Decisione (UE) 2017/37 del Consiglio, del 28 ottobre 2016, relativa alla firma, a nome dell’Unione Europea, dell’Accordo economico e commerciale globale (CETA) tra il Canada, da una parte, e l’Unione Europea e i suoi Stati Membri, dall’altra. GUUE L 11 del 14.01.2017.

[3] Ibid., considerando 2 e articolo 1.

[4] Decisione (UE) 2017/38 del Consiglio, del 28 ottobre 2016, relativa all'applicazione provvisoria dell'Accordo economico e commerciale globale (CETA) tra il Canada, da una parte, e l'Unione Europea e i suoi Stati Membri, dall'altra. GUUE L 11 del 14.01.2017.

[5] Si veda l’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della Decisione (UE) 2017/38.

[6] Il quesito sottoposto alla Corte è il seguente: "… Se l’Accordo economico e commerciale globale tra il Canada, da una parte, e l’Unione europea e i suoi Stati membri, dall’altra, siglato a Bruxelles il 30 ottobre 2016, con riferimento al suo capo 8 («Investimenti»), sezione F («Risoluzione delle controversie tra investitori e Stati in materia di investimenti»), sia compatibile con i trattati, ivi compresi i diritti fondamentali…".

[7] L’articolo 20, della Carta così dispone: "… Tutte le persone sono uguali davanti alla legge".

[8] Ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 2, della Carta, "… Nell’ambito d’applicazione del trattato che istituisce la Comunità europea e del trattato sull’Unione europea è vietata qualsiasi discriminazione fondata sulla cittadinanza, fatte salve le disposizioni particolari contenute nei trattati stessi".

[9] Punto 53 del Parere: "… In particolare, il Regno del Belgio rileva che dall’articolo 8.39, paragrafo 2, lettera a), del CETA risulta che, quando un investitore canadese agirà dinanzi al tribunale del CETA a nome di un’«impresa stabilità in loco», ossia di un’impresa stabilita nell’Unione e posseduta o controllata direttamente o indirettamente da tale investitore, i risarcimenti concessi da tale tribunale dovranno essere versati a detta impresa stabilita in loco. Occorrerebbe esaminare la compatibilità di questa norma con gli articoli 20 e 21 della Carta…".

[10] Punto 55 del Parere: "… Esso osserva a questo proposito che l’articolo 8.9, paragrafo 4, del CETA esclude che, quando l’Unione dichiari un aiuto di Stato incompatibile con l’articolo 108 TFUE e ne ordini il rimborso, il tribunale del CETA possa giudicare questa decisione contraria a quest’accordo. Ebbene, detto accordo non comprenderebbe una norma analoga diretta a proteggere le decisioni adottate dalla Commissione o dalle autorità degli Stati membri nel quadro degli articoli 101 e 102 TFUE. Un investitore canadese potrebbe sottrarsi così alle conseguenze finanziarie di una violazione del diritto della concorrenza dell’Unione, mentre gli investitori dell’Unione non possono sfuggirvi, il che potrebbe essere incompatibile con gli articoli 20 e 21 della Carta, così come con il principio di effettività del diritto dell’Unione…".

[11] L’articolo 47 della Carta, rubricato "Diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale", stabilisce quanto segue: "…Ogni individuo i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo.

Ogni individuo ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge. Ogni individuo ha la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare.

A coloro che non dispongono di mezzi sufficienti è concesso il patrocinio a spese dello Stato qualora ciò sia necessario per assicurare un accesso effettivo alla giustizia…".

[12] Il Belgio richiama l’articolo 6 della Carta europea sullo statuto dei giudici, adottata il 10 luglio 1998 dal Consiglio d’Europa, ai sensi del quale: "… L’esercizio a titolo professionale delle funzioni giudiziarie dà luogo ad una retribuzione del giudice o della giudice, il cui livello viene fissato in modo da renderli immuni da qualsiasi pressione volta ad influenzare il senso delle loro decisioni, e più in generale il loro comportamento giurisdizionale, alterando in tal modo la loro indipendenza e imparzialità…".

[13] Si vedano i punti 63-64 del Parere.

[14] Punto 111 del Parere: "… Conformemente all’articolo 19 TUE, spetta ai giudici nazionali e alla Corte di garantire la piena applicazione di tale diritto nell’insieme degli Stati membri nonché una tutela giurisdizionale effettiva; la Corte detiene una competenza esclusiva a fornire l’interpretazione definitiva di detto diritto. A questo scopo, questo sistema disciplina, in particolare, la procedura di rinvio pregiudiziale, prevista dall’articolo 267 TFUE [parere 2/13 (Adesione dell’Unione alla CEDU), del 18 dicembre 2014, EU:C:2014:2454, punti da 174 a 176 e 246]…".

[15] Punto 114 del Parere: "… Infatti, il giudice previsto dal CETA è distinto dagli organi giurisdizionali interni del Canada, dell’Unione e degli Stati membri di quest’ultima. Il tribunale e il tribunale d’appello del CETA non possono essere considerati, di conseguenza, come parte del sistema giurisdizionale dell’una o dell’altra di dette parti…".

[16] Punti 116-118 del Parere.

[17] Punti 120-136 del Parere.

[18] Punti 148-161 del Parere.

[19] Si veda CGUE 04.06.2009, Cause riunite C‑22/08 e C‑23/08, Vatsouras e Koupatantze, punti 52.

[20] Si veda CGUE 26.02.2013, Causa C‑617/10, Åkerberg Fransson, punti da 19 a 21; CGUE 26.09.2013, Causa C‑418/11, Texdata Software, punto 72; CGUE 26.05.2017, Causa C‑682/15, Berlioz Investment Fund, punto 49.

[21] Si veda CGUE 17.10.2013, Causa C‑101/12, Schaible, punto 76; CGUE 12.07.2018, Causa C‑540/16, Spika e a., punto 35.

[22] L’articolo 8.10, paragrafo 2, del CETA, dispone quanto segue: "… 2. Le parti violano l’obbligo di trattamento giusto ed equo di cui al paragrafo 1 nei casi in cui una misura o una serie di misure costituisca:

a) un diniego di giustizia nei procedimenti penali, civili o amministrativi;

b) una violazione fondamentale del principio del giusto processo, compresa una violazione fondamentale dell’obbligo di trasparenza, nei procedimenti giudiziari e amministrativi;

c) un comportamento manifestamente arbitrario;

d) una discriminazione mirata per motivi manifestamente illeciti quali genere, razza o credo religioso;

e) un trattamento abusivo degli investitori, come coercizione, costrizione e vessazioni; oppure

f) una violazione di qualunque altro elemento dell’obbligo di trattamento giusto ed equo assunto dalle parti in conformità del paragrafo 3 del presente articolo…".

[23] All’articolo 17.2 del CETA, le parti hanno infatti espressamente ammesso "… l’importanza di una concorrenza libera e non falsata nelle loro relazioni commerciali…" e riconosciuto "… che i comportamenti commerciali anticoncorrenziali sono potenzialmente in grado di falsare il corretto funzionamento dei mercati e di compromettere i vantaggi derivanti dalla liberalizzazione degli scambi…".

[24] Punti 187-188 del Parere.

[25] Si vedano in particolare gli articoli 8.1 e 8.18 del CETA.

[26] Si veda l’articolo 8.39, paragrafi 5 e 6, del CETA. L’onere finanziario di cui si prospetta la riduzione include le spese di rappresentanza e di assistenza giuridica sostenute sia dall’investitore ricorrente, sia dalla parte convenuta e le spese di procedura.

[27] Punti 212-213 del Parere.

[28] Dichiarazione n. 36, della Commissione e del Consiglio, sulla protezione degli investimenti e sul sistema giurisdizionale per gli investimenti, inserita nel verbale del Consiglio relativo alla firma del CETA e allegata alla decisione 2017/37. GUUE L 11 del 14.01.2017.

[29] Punti 217-222 del Parere.

[30] Punti 223-244 del Parere.