12 dicembre 2018
Influencer marketing e pubblicità occulta: seconda moral suasion dell'Antitrust
Con un Comunicato Stampa del 6 agosto 2018, l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, dopo un anno dalla prima azione (v. anche la precedente notizia), interviene nuovamente sul fenomeno dell’influencer marketing nei social media, concentrandosi in particolare, sugli influencer con un numero di follower non elevatissimo, ma pur sempre di rilievo e chiarendo che la pubblicità occulta va vietata sempre, anche sui social network.
L’influencer marketing consiste nella diffusione su blog, vlog e social network come Facebook, Instagram, Twitter, Youtube, Snapchat,Myspace) di foto, video e commenti da parte di blogger e influencer, che mostrano sostegno o approvazione (endorsement) per determinati brand, generando un effetto pubblicitario, ma senza palesare in modo chiaro e inequivocabile ai consumatori la finalità pubblicitaria della comunicazione.
Tale fenomeno rappresenta una modalità consolidata di comunicazione, inizialmente utilizzata da personaggi di una certa notorietà e si sta diffondendo presso un numero considerevole di utenti dei social network anche con un numero di follower non particolarmente elevato.
Come riporta il Comunicato,
"Poiché l’influencer marketing può dar luogo a forme di pubblicità occulta, nel proprio intervento del 2017, l’Autorità aveva sollecitato tutti gli operatori coinvolti a vario titolo nel fenomeno a conformarsi alle prescrizioni del Codice del Consumo, fornendo adeguate indicazioni atte a rivelare la reale natura del messaggio, laddove esso derivi da un rapporto di committenza e abbia una finalità commerciale, ancorché basato sulla fornitura gratuita di prodotti.
La risposta al primo intervento dell’Autorità del 2017 è stata positiva. Gli influencer e le imprese coinvolte hanno modificato le proprie condotte in senso più trasparente per i consumatori: si è osservato un maggior utilizzo di hashtag e riferimenti idonei a rivelare la natura pubblicitaria delle comunicazioni. Inoltre, l’Autorità ha rilevato un’evoluzione degli strumenti disponibili sui social network e delle modalità con le quali imprese e influencer possono raggiungere i consumatori. In particolare, le piattaforme di social network mettono a disposizione degli influencer specifici strumenti per rendere manifesto agli utenti il rapporto di sponsorizzazione. I titolari dei brand, a loro volta, possono utilizzare strumenti di notifica e controllo dei richiami ai propri marchi.In questo secondo intervento, rivolto principalmente a influencer con un numero di follower non elevatissimo, ma pur sempre di rilievo, l’Autorità dopo aver ricordato che la pubblicità deve essere chiaramente riconoscibile come tale, affinché l’intento commerciale di una comunicazione sia percepibile dal consumatore, ha evidenziato come il divieto di pubblicità occulta abbia portata generale e debba, dunque, essere applicato anche con riferimento alle comunicazioni diffuse tramite i social network, non potendo gli influencer lasciar credere di agire in modo spontaneo e disinteressato se, in realtà, stanno promuovendo un brand.
Sotto tale profilo, se da un lato la visualizzazione di prodotti unitamente al posizionamento sull’immagine di un tag o un’etichetta che rinviano al profilo Instagram o al sito del brand sono idonei ad esprimere un effetto pubblicitario; dall’altro, la mancanza di ulteriori elementi può non rendere evidente per tutti i consumatori l’eventuale natura promozionale delle comunicazioni.
L’Autorità ha pertanto ricordato i criteri generali di comportamento e ha chiesto che sia sempre chiaramente riconoscibile la finalità promozionale, ove sussistente, in relazione a tutti i contenuti diffusi mediante social media, attraverso l’inserimento di avvertenze, quali, a titolo esemplificativo e alternativo, #pubblicità, #sponsorizzato, #advertising, #inserzioneapagamento, o, nel caso di fornitura del bene ancorché a titolo gratuito, #prodottofornitoda; diciture alle quali far sempre seguire il nome del marchio.
In ragione dell’ampiezza e del proliferare dei contenuti sui social network, l’Autorità continuerà a monitorare il fenomeno adottando le misure valutate di volta in volta più opportune per contrastarlo."
In particolare l’AGCM, in un comunicato del 24 luglio 2017, ha rilevato come gli influencer riescano a instaurare una relazione con i followers-consumatori, i quali percepiscono tali comunicazioni come consiglio derivante dall’esperienza personale e non come comunicazione pubblicitaria.
Per sollecitare la massima trasparenza e chiarezza sull’eventuale contenuto pubblicitario dei post pubblicati, così come previsto dal Codice del Consumo, l’Autorità ha inviato lettere di moral suasion ad alcuni dei principali influencer e alle società titolari dei marchi visualizzati senza l’indicazione evidente della possibile natura promozionale della comunicazione, ricordando che la pubblicità deve essere chiaramente riconoscibile come tale, affinché l’intento commerciale di una comunicazione sia percepibile dal consumatore, e che il divieto di pubblicità occulta ha portata generale e deve, pertanto, essere applicato anche con riferimento alle comunicazioni diffuse tramite i social network, non potendo gli influencer lasciar credere di agire in modo spontaneo e disinteressato se, in realtà, stanno promuovendo un brand.
L’Autorità ha pertanto individuato criteri generali di comportamento e ha chiesto di rendere chiaramente riconoscibile la finalità promozionale, ove sussistente, in relazione a tutti i contenuti diffusi mediante social media, attraverso l’inserimento di avvertenze, quali, a titolo esemplificativo e alternativo, #pubblicità, #sponsorizzato, #advertising, #inserzioneapagamento, o, nel caso di fornitura del bene ancorché a titolo gratuito, #prodottofornitoda; diciture alle quali far sempre seguire il nome del marchio.
Dopo l’ultima segnalazione dell’UNC occorrerà ora attendere le decisioni dell’Antitrust e dello IAP.