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26 luglio 2018

Apposizione sui prodotti del logo "CE" (China export): un rischio per la sicurezza dei consumatori

Integra il reato di frode nell'esercizio del commercio la detenzione di merce recante la marcatura CE (indicativa della locuzione "China Export") apposta con caratteri tali da ingenerare nel consumatore la erronea convinzione che i prodotti rechino, invece, il marchio CE (Comunità Europea), poichè l'apposizione di quest'ultimo ha la funzione di certificare la conformità del prodotto ai requisiti essenziali di sicurezza e qualità previsti per la circolazione dei beni nel mercato europeo.

 

Tale principio è stato ribadito dalla Corte di Cassazione, nella sentenza n. 33397, depositata il 18 luglio 2018, in ordine ad una fattispecie di frode in commercio.

Il Tribunale di Roma condannava l’imputato perché ritenuto responsabile del delitto di cui agli artt. 56, 515 cod. pen., per aver compiuto atti diretti in modo non equivoco a porre in commercio cose mobili diverse, per qualità e caratteristiche, da quelle reali e, in particolare, quale legale rappresentante della Dolce Capanna s.r.l., per aver detenuto presso in locali in uso alla predetta azienda sveglie e tastiere per personal computer con applicato il logo "CE" (China export), simile a quello prescritto dalla direttiva n. 2006/42/CE e in violazione degli artt. 16, par. 3, e 17 della direttiva medesima, e, quindi, idoneo a trarre in inganno i consumatori sulle caratteristiche dei prodotti.

L’imputato ha impugnato la predetta decisione proponendo ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione. Il Tribunale avrebbe errato:

  • nel ravvisare il delitto in questione nella mera apposizione sulla merce del logo "CE", attestante l'origine cinese del prodotto, ritenuto confondibile con il marchio "CE", relativo alla "conformità europea", destinato a certificare, per taluni dispositivi, la conformità del prodotto agli standard di qualità e di sicurezza europei;
  • nel ritenere integrato il delitto di tentata frode in commercio nella marchiatura CE di dispositivi, per i quali la legge non prevede tale marchiatura;
  • nell'applicare la direttiva n. 2006/42/CE e il relativo decreto di recepimento, in quanto tali provvedimenti normativi non disciplinerebbero né le sveglie, né le tastiere per computer.

La Suprema Corte respinge il ricorso sottolineando la sussistenza del carattere ingannevole del marchio CE (China Export) apposto sulla merce oggetto dell'imputazione ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 515 cod. pen.. In particolare, la Corte evidenzia quanto segue in ordine alla funzione assolta dalla la marcatura "CE" in relazione alla tutela della sicurezza dei consumatori e della qualità dei prodotti:

La marcatura "CE" è stata istituita dalla normativa comunitaria in quanto, con l'apposizione della stessa, il produttore o il suo legale rappresentante dichiara che è stata certificata la conformità del suo prodotto con i requisiti essenziali richiesti dal mercato europeo. La funzione della marcatura "CE", infatti, è quella di tutelare gli interessi pubblici della salute e sicurezza degli utilizzatoti dei prodotti, assicurando che essi siano adeguati a tutte le disposizioni comunitarie che prevedono il loro utilizzo. Detta marcatura, pur non fungendo da marchio di qualità o di origine, costituisce tuttavia un marchio amministrativo, che segnala che il prodotto marcato può circolare liberamente nel mercato unico dell'Unione Europea (vedi Cass., sez. 2, 18.9.2009, n. 36228, Wang).

Orbene, tale marchiatura, ove fasulla o ingannevole, rileva proprio ai sensi dell'art. 515 cod. pen, in quanto incide (non sulla provenienza ma) sulla qualità e sulla sicurezza del prodotto, il quale, appunto, è (falsamente) dichiarato essere conforme agli standard europei. Deve perciò essere ribadito il principio secondo cui integra il reato di frode nell'esercizio del commercio la detenzione di merce recante la marcatura CE (indicativa della locuzione "China Export") apposta con caratteri tali da ingenerare nel consumatore la erronea convinzione che i prodotti rechino, invece, il marchio CE (Comunità Europea), poichè l'apposizione di quest'ultimo ha la funzione di certificare la conformità del prodotto ai requisiti essenziali di sicurezza e qualità previsti per la circolazione dei beni nel mercato europeo (sez. 3, n. 45916 del 18/09/2014 - dep. 06/11/2014, Tebai,; sez. 3, 9 giugno 2009, n. 23819, concernente proprio un'ipotesi di tentativo di frode in commercio posto in essere anche attraverso la commercializzazione di prodotti recanti il marchio CE contraffatto, indicativo della locuzione "China - Export").

Invero, poiché l'interesse tutelato dalla disposizione incriminatrice in esame è quello dello Stato e del consumatore al leale esercizio del commercio e il reato in essa previsto è integrato dalla semplice messa in vendita di un bene difforme da quello dichiarato, è evidente che la consegna di merce recante una marcatura ingannevole, che parrebbe attestare la rispondenza a specifiche costruttive che assicurano la sussistenza dei requisiti di sicurezza e qualità richiesti dalla normativa comunitaria, determina quella divergenza qualitativa che configura l'illecito penale.

Infatti, la decettività della marcatura CE (China Export), che si distingue da quella europea per la sola, impercettibile, diversa distanza tra le due lettere, è da sola sufficiente ad ingenerare nel consumatore la convinzione che la merce abbia le caratteristiche e gli standard europei. Ne può darsi, neanche in astratto, l'ipotesi di merci prive della marcatura CE (Comunità europea) che siano comunque dotate di tutti tali requisiti, perché l'apposizione del marchio CE da parte del produttore ha la funzione di certificare la conformità del prodotto con i requisiti essenziali richiesti dal mercato europeo; e tale certificazione costituisce in sé un essenziale elemento qualitativo del prodotto.