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1 aprile 2019

Abuso di informazioni privilegiate: per la Consulta le sanzioni più favorevoli sono retroattive

di Annalisa Spedicato

La Corte Costituzionale con la decisione n. 63 depositata il 21 marzo 2019 si è pronunciata sul tema delle sanzioni amministrative per abuso di informazioni privilegiateSecondo quanto espresso dalla Corte Costituzionale nella sua pronuncia, deve ritenersi applicabile anche alle sanzioni amministrative di carattere punitivo come quelle riferite all’abuso di informazioni privilegiate (insider trading) nel settore finanziario, il principio della retroattiva della sanzione più favorevole in materia penale.

 

Con tale assunto, la Corte Costituzionale dunque ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 6 comma 2 del D.Lgs.n. 72/2015 che esclude l’applicazione retroattiva delle sanzioni amministrative con riferimento agli interventi modificativi apportati dal comma 3 dello stesso art. 6 alle sanzioni amministrative applicabili in materia di abuso di informazioni privilegiate (illecito regolato dall’art. 187-bis TUF).

La questione

La questione di legittimità costituzionale del comma 2 dell’art. 6 D.Lgs. n. 72/2015 è stata sollevata davanti alla Consulta dalla Corte d’Appello di Milano in un caso in cui la Consob aveva avviato un procedimento sanzionatorio per abuso di informazioni privilegiate, argomentando che la disciplina generale delle sanzioni amministrative di cui alla legge n. 689/1981, non prevede l’applicazione retroattiva delle modifiche sanzionatorie più favorevoli, che è riferita esclusivamente alle norme penali.

Nella sua pronuncia i giudici costituzionali ripercorrono la storia dell’abuso di informazioni privilegiate, dapprima sanzionato penalmente come delitto (art. 2, comma 1, della legge 17 maggio 1991, n. 157) e solo in seguito, non solo penalmente, ma anche in via amministrativa, in base all’art. 187-bis TUF.

Fu l’art. 39 L. n. 262/2005 a fissare la quintuplicazione di tutte le sanzioni amministrative pecuniarie previste nel TUF. E nove anni dopo, la legge n. 154 del 2014 delegò il Governo a rivedere le cornici edittali delle sanzioni pecuniarie amministrative previste dal TUB e dal TUF con il compito, tra gli altri, di «valutare l’estensione del principio del favor rei ai casi di modifica della disciplina vigente al momento in cui è stata commessa la violazione» (art. 3, comma 1, lettera m, numero 1). Quando venne attuata la delega, l’art. 6, comma 3, del D.Lgs.n. 72 del 2015 dispose che «[a]lle sanzioni amministrative previste dal decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, non si applica l’articolo 39, comma 3, della legge 28 dicembre 2005, n. 262»; in questo modo venne ripristinato il quadro edittale iniziale stabilito dalla legge n. 62 del 2005 per gli illeciti amministrativi da essa previsti, al netto della quintuplicazione introdotta, esattamente, dalla legge n. 262 del 2005. Per effetto dunque dell’art. 6, comma 3, del D.Lgs. n. 72 del 2015, l’illecito amministrativo previsto dall’art. 187-bis del D.Lgs. n. 58 del 1998 veniva sanzionato meno aspramente; mentre l’art. 6, comma 2, del D.Lgs.n. 72 del 2015 oggetto della disputa costituzionale, prescrisse l’irretroattività delle sanzioni più favorevoli comandando che "[l]e modifiche apportate alla parte V del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, si applicano alle violazioni commesse dopo l’entrata in vigore delle disposizioni adottate dalla Consob e dalla Banca d’Italia secondo le rispettive competenze […]". Alle violazioni commesse prima della data di entrata in vigore delle disposizioni adottate dalla Consob e dalla Banca d’Italia continuavano ad applicarsi le norme della parte V del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 vigenti prima della data di entrata in vigore del citato decreto legislativo.

La Corte costituzionale dunque, rilevando la fondatezza della questione, ha chiarito che il principio di retroattività della lex mitior in materia penale, può estendersi anche alle sanzioni amministrative punitive. E di fatto, le sanzioni amministrative previste per l’abuso di informazioni privilegiate di cui all’art. 187-bis del D.Lgs. n. 58 del 1998 hanno natura "punitiva" e possono dunque rientrare nel quadro di applicazione del principio della retroattività in mitius. La deroga alla retroattività in mitius stabilita dall’art. 6, comma 2, del D.Lgs. n. 72 del 2015, oggetto dell’odierna inquisizione, non supera, a parere dei giudici, il "vaglio positivo di ragionevolezza" ed è, pertanto, da ritenersi costituzionalmente illegittima, nella parte in cui esclude l’applicazione retroattiva delle modifiche più miti previste per le sanzioni amministrative riferite all’illecito di abuso di informazioni privilegiate di cui all’art. 187-bis del D.Lgs. n. 58 del 1998.

L’estensione del principio di retroattività della lex mitior in materia di sanzioni amministrative aventi natura e funzione "punitiva" è, peraltro, sostengono i giudici, adeguato  alla logica sottesa all’orientamento della giurisprudenza costituzionale, con riferimento alle sanzioni propriamente penali. Se la sanzione amministrativa ha natura "punitiva" , allora, nel rispetto dell’art. 3 della Costituzione, non vi è ragione per continuare ad applicare nei confronti di un soggetto tale sanzione, se la condotta in epoca successiva non viene più classificata come illecito; né per continuare ad applicarla in una misura che oramai viene considerata sproporzionata rispetto ad una nuova e diversa valutazione dell’illecito da parte dell’ordinamento. E ciò salvo che sussistano ragioni cogenti di tutela di controinteressi di rango costituzionale, tali da resistere al medesimo «vaglio positivo di ragionevolezza», al cui metro debbono essere in linea generale valutate le deroghe al principio di retroattività in mitius nella materia penale.

 


Annalisa Spedicato

Avvocato esperto in IP, ICT e Privacy