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3 luglio 2019

Intese e settore delle barriere stradali - Il CdS fornisce utili chiarimenti in merito alle modalità di calcolo delle sanzioni antitrust

di Roberta Laghi

La sentenza in commento è solo l’ultimo atto di una intricata vicenda che ha inizio con la decisione dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM o Autorità) che aveva accertato e sanzionato una intesa posta in essere da alcune imprese sul mercato delle barriere stradali, diffidandole dalla prosecuzione delle condotte accertate (la Decisione).

Tra le imprese coinvolte, la società Metalmeccanica Fracasso S.p.a. (Mefra o Ricorrente), alla quale era stata irrogata una sanzione pari a € 11 milioni, aveva impugnato la Decisione di fronte al Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio (TAR Lazio) il quale aveva accolto parzialmente il ricorso limitatamente ai profili riguardanti la quantificazione della sanzione. La sentenza del TAR Lazio era quindi stata impugnata dall’AGCM di fronte al Consiglio di Stato (CdS) che, annullandola parzialmente aveva disposto che l’AGCM provvedesse alla rideterminazione della stessa, considerando "…l’effettività dei ricavi conseguiti […] nonché l’entità del suo apporto all’intesa stessa, con un’adeguata motivazione…" (la Sentenza del 2015).

L’AGCM ha dunque provveduto a ricalcolare l’importo della sanzione originariamente adottata, quantificandola in €7,6 milioni (la Decisione di Rideterminazione). Mefra, non soddisfatta del risultato, ha proceduto a impugnare anche la Decisione di Rideterminazione di fronte al CdS, in sede di giudizio di ottemperanza, ritenendo che l’Autorità, nel ricalcolare la sanzione non avesse rispettato i criteri enucleati dal CdS nella Sentenza del 2015. Il CdS aveva tuttavia rigettato il ricorso proposto da Mefra, pur riconoscendo che il vincolo conformativo della sentenza "…non risultava però tanto preciso e dettagliato da far ritenere che il contenuto del (nuovo) provvedimento che l’amministrazione era tenuta ad emanare era desumibile in via integrale, nei suoi elementi essenziali, dalla sentenza". Parallelamente, Mefra aveva comunque presentato ricorso per annullamento della Decisione di Rideterminazione di fronte al TAR Lazio, che lo aveva questa volta integralmente rigettato. Mefra, evidentemente non soddisfatta del corso della giustizia fino a quel punto, ha quindi appellato la sentenza del TAR Lazio di fronte al CdS articolando cinque motivi di ricorso.

Con i primi tre motivi la Ricorrente lamentava la violazione della normativa nazionale ed europea in ragione dell’errata base di calcolo adottata dall’AGCM ai fini della quantificazione dell’importo base e dell’applicazione del successivo limite, pari al 10% del fatturato, come tetto massimo per l’importo della sanzione. Mefra argomentava, infatti, che l’AGCM avrebbe dovuto tener conto del fatturato realizzato dall’impresa nell’anno precedente all’adozione del provvedimento che irroga la sanzione, inteso come l’anno precedente all’adozione della Decisione di Rideterminazione, ossia il 2014, anziché utilizzare per il calcolo della sanzione il fatturato conseguito nel 2011, anno precedente all’adozione della Diffida. Inoltre, lamentava l’abnormità della sanzione così come quantificata dalla Decisione di Rideterminazione nella misura in cui non aveva tenuto conto del fatturato esistente - Mefra era intanto entrata in crisi ed era stata posta in liquidazione - al momento dell’adozione della Decisione di Rideterminazione.

Il CdS ha rigettato tali motivi di impugnazione, ritenendo che il fatturato da prendere in considerazione ai fini del calcolo della sanzione risultasse coperto dalla definitività della Sentenza del 2015 (che sul punto aveva confermato la correttezza dell’operato dell’AGCM) e che, salve ipotesi eccezionali e del tutto limitate, la contrarietà di una decisione divenuta definitiva con la normativa europea di riferimento non è sufficiente a determinare la disapplicazione delle norme procedurali interne sulla formazione del giudicato. Il CdS ha in ogni caso chiarito che l’AGCM aveva agito correttamente nel caso di specie, in quanto, alla luce delle norme applicabili, nazionali ed europee, occorre considerare come rilevante il fatturato realizzato nell’anno precedente all’adozione della decisione che contiene l’accertamento dell’infrazione (nel caso in esame, il 2011).

Il CdS, invece, ha accolto gli altri due motivi di ricorso con cui la ricorrente lamentava che l’AGCM non aveva considerato la ‘mancanza di capacità contributiva’ di Mefra, irrogando di conseguenza una sanzione in violazione del principio di proporzionalità. Il CdS, infatti, ha ritenuto sussistenti quelle circostanze eccezionali (fatturato di € 2,6 milioni a fronte di una sanzione pari a € 7,7 milioni) idonee a giustificare una riduzione della sanzione e ha annullato la sentenza del TAR Lazio, disponendo che l’AGCM provveda ad una nuova rideterminazione della sanzione, valutando anche la possibilità di concedere un’eventuale rateazione per il pagamento della sanzione.

Con la sentenza in commento il CdS ha fornito utili chiarimenti con riferimento alle modalità di calcolo delle sanzioni per violazioni antitrust, sia con riferimento all’anno di riferimento, sia all’applicazione in concreto del principio di proporzionalità. Con riguardo, invece, alla situazione che ha coinvolto Mefra, resta ora da vedere se sarà l’AGCM, con l’adozione di un nuovo provvedimento di rideterminazione della sanzione, a mettere finalmente la parola fine ad una intricata vicenda.

 


Avv. Roberta Laghi

Freshfields Bruckhaus Deringer LLP

Fonte: http://knowledge.freshfields.com