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24 luglio 2019

Il Consiglio di Stato rigetta l’appello di Roche e Novartis avverso il provvedimento sanzionatorio dell’AGCM per avere posto in essere strategie volte ad ostacolare la diffusione del farmaco "Avastin" per la cura delle patologie oculari, al fine di favorire le maggiori vendite del più costoso "Lucentis"

di Riccardo Fadiga

Lo scorso 17 luglio è stata pubblicata la sentenza con cui il Consiglio di Stato (CdS) ha respinto integralmente i ricorsi proposti da F. Hoffman-La Roche Ltd. e Roche S.p.A. (congiuntamente, Roche), e da Novartis Farma S.p.A. e Novartis AG (congiuntamente, Novartis) avverso la sentenza con la quale il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (TAR) a sua volta respingeva le impugnazioni del provvedimento con cui l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) aveva sanzionato le società del gruppo Roche e Novartis per concertato strategie volte ad ostacolare l’acquisto e l’impiego del farmaco "Avastin" per le patologie oculari al fine di favorire le maggiori vendite del farmaco "Lucentis", significativamente più costoso del primo.

Entrambi i farmaci erano stati sviluppati da un laboratorio, controllato dal gruppo Roche, che aveva successivamente affidato in licenza Avastin e Lucentis rispettivamente a Roche e Novartis. Secondo la ricostruzione offerta, entrambe le imprese avevano il comune interesse all’incremento dei profitti in relazione ai farmaci in discorso: Novartis grazie ai profitti ricavabili dalla vendita di Lucentis e in ragione della partecipazione del 33% detenuta in Roche, mentre quest’ultima grazie alle royalties dovutegli in virtù della licenza di Lucentis. Le due imprese secondo la ricostruzione confermata dal CdS hanno compiuto una serie di atti volti ad aumentare artificiosamente la differenziazione dei due farmaci; infatti nonostante solo Lucentis fosse sviluppato per uso oftalmico, era ormai da tempo invalso un impiego "off-label" di Avastin (farmaco oncologico) per patologie oculari contro cui quest’ultimo aveva dimostrato efficacia, e tale uso "off-label" aveva l’effetto di cannibalizzare le vendite di Lucentis. L’intesa accertata mirava dunque a ridurre la domanda, e quindi le quantità vendute, del prodotto meno costoso (Avastin) a favore del più costoso concorrente Lucentis, attraverso la manipolazione della percezione dei rischi collegati all’uso oftalmico di Avastin per mezzo della diffusione di informazioni ingannevoli. 

Il CdS, confermando i rilievi del TAR, ha quindi (i) ribadito la facoltà dell’AGCM di adottare un approccio sostanzialistico nella definizione del mercato rilevante, impiegata nel caso di specie per considerare concorrenti i due farmaci in discorso nonostante fossero commercializzati con indicazioni terapeutiche non sovrapponibili, in ragione del fatto che essi erano concretamente impiegati in modo sostituibile o intercambiabile l’uno rispetto all’altro, nonostante l’uno fosse impiegato in tale modo coerentemente con le indicazioni della sua autorizzazione all’immissione in commercio (AIC) e l’altro invece "off-label". Ha inoltre (ii)confermato che può costituire un’intesa il coordinamento per la circolazione di informazioni ingannevoli messa in atto dai gruppi Roche e Novartis attraverso, tra l’altro, la modifica del riassunto della caratteristiche del prodotto (RCP) di Avastin, il coordinamento delle reazioni da tenere nei confronti degli organi di stampa e degli interlocutori istituzionali, e la strategia per contenere le reazioni provenienti da più parti circa la sproporzione dei costi delle terapie oftalmiche a base di Avastin e Lucentis - e che, infine, (iii) tale intesa sia da identificare come un’intesa per oggetto. 

La parte di maggiore interesse e più ampio respiro della sentenza in discorso risulta però legata al diverso tema del sindacato sul fatto del giudice amministrativo, la cui trattazione scaturisce dal motivo di ricorso che rilevava come l’acritica adesione del TAR alle tesi dell’AGCM fosse risultata in un sindacato sul provvedimento sanzionatorio debole e lacunoso. Il CdS peraltro argomenta partendo da un’approfondita ricostruzione storica dell’evoluzione del sindacato del giudice amministrativo, che anche alla luce del principio del rimedio effettivo stabilito nella giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, non può esimersi dall’esercitare un controllo penetrante attraverso la piena e diretta "verifica della quaestio facti sotto il profilo della sua "intrinseca verità", tra l’altro negando la possibilità di contestare innanzi alla Corte di Cassazione le "caratteristiche strutturali e gli effetti del sindacato di legittimità" compiuto dal CdS. 

 

 



Dott.
Riccardo Fadiga

Freshfields Bruckhaus Deringer LLP

Fonte: http://knowledge.freshfields.com