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29 gennaio 2020

Videosorveglianza aziendale: insufficiente il consenso del lavoratore

La Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sui presupposti di legittimità per l’installazione di un impianto di videosorveglianza nei locali aziendali.

La sentenza n. 1733 del 2020 ha visto la terza sezione penale della Corte di legittimità pronunciarsi sul ricorso di un datore di lavoro, titolare di un negozio, proposto avverso la sentenza resa dal Tribunale di Lanciano che lo aveva condannato al pagamento di una ammenda di 3mila euro, contestandogli, ex art. 4 L. n. 300/1970, l’installazione di un sistema di videosorveglianza, idoneo a controllare l’attività dei propri dipendenti, in assenza del necessario accordo con le rappresentanze sindacali.

Nell’impugnare tale decisione innanzi la Suprema Corte, il ricorrente lamentava l’assenza di un adeguato esame, da parte del giudice del precedente grado di giudizio, della documentazione versata in atti ed in particolare dell’accordo sottoscritto con i dipendenti, i quali avevano prestato il proprio consenso all’installazione dell’impianto di sorveglianza, il cui fine ultimo era, in ogni caso, quello di mera prevenzione dei furti all’interno del negozio.

La Corte di Cassazione, confermando la sentenza resa dal Tribunale, ha evidenziato come l’eventuale accordo sottoscritto dal dipendente non possa considerarsi una sufficiente esimente della responsabilità penale prevista in caso di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori.

L’art. 4 della legge n. 300/1970, infatti, impone che l’istallazione di simili sistemi: “da impiegare esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale ma dalle quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori”, debba essere sempre preceduta da un accordo tra il datore di lavoro e le rappresentanze sindacali dei lavoratori o, in mancanza, da un provvedimento autorizzativo dell’autorità amministrativa competente.

A giudizio del Collegio, infatti, la diseguaglianza di fatto sussistente tra il lavoratore subordinato (soggetto debole) ed il datore di lavoro (soggetto forte), è un elemento indefettibile del rapporto di lavoro e rende inderogabile la procedura summenzionata. La volontà del dipendente, ed in particolare l’assenso prestato all’atto dell’assunzione o in un momento successivo all’installazione dell’impianto di videosorveglianza, non potrà mai dirsi resa in modo libero e/o incondizionato, e quindi non è suscettibile di fungere da scriminante della condotta descritta dalla norma incriminatrice.

Per tali ragioni, dunque, la Corte di Cassazione, sconfessando l’orientamento alimentato dalla precedente sentenza n. 22611/2012, ha ritenuto irrilevante, nell’ottica di cui sopra, il preventivo accordo scritto tra datore di lavoro e dipendenti.