18 dicembre 2024
Provvedimenti giurisdizionali, privacy e oscuramento dei dati
di Ginevra Proia
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con sentenza n. 36764/2024, depositata il 3 ottobre 2024, hanno ritenuto generica ed infondata la richiesta di oscuramento dei dati presentata dagli imputati nei confronti dei quali era stata disposta la misura cautelare degli arresti domiciliari e la misura interdittiva del divieto di esercitare la professione forense per la durata di un anno per essere stati ritenuti gravemente indiziati del delitto di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di delitti contro la fede pubblica e di più reati - nella forma tentata o consumata - di falso ideologico in atto pubblico.
La richiesta difensiva di oscuramento era stata articolata prospettando il pregiudizio che sarebbe conseguito alla diffusione della notizia della mera esistenza di un procedimento penale ancora nella fase delle indagini preliminari e di una prospettazione d'accusa ancora fluida e in divenire. Secondo la tesi dei ricorrenti, la diffusione della decisione adottata dalla Corte nel procedimento avrebbe prodotto, senza l’oscuramento dei dati, un effetto pregiudizievole agli interessati in ambito lavorativo, nella vita sociale e in ambito familiare, con particolare riguardo alla reputazione.
Gli artt. 51 e 52 del Decreto legislativo 30/06/2003, n. 196, costituiscono la base legale per la liceità del trattamento in tema di informazione e informatica giuridica.
L’art. 52, in particolare, stabilisce i limiti per la diffusione in ogni forma del contenuto anche integrale di sentenze e altri provvedimenti giurisdizionali. La norma fissa una regola generale e alcune deroghe.
La regola, in ragione del comma 7 del citato art. 52, è la diffusione del contenuto integrale di sentenze e altri provvedimenti giurisdizionali ("fuori dei casi indicati nel presente articolo è ammessa la diffusione in ogni forma del contenuto anche integrale di sentenze e di altri provvedimenti giurisdizionali"). La deroga è quella sancita dal comma 1, secondo cui l'interessato può chiedere per motivi legittimi che sia apposta, a cura della medesima cancelleria o segreteria, sull'originale della sentenza o del provvedimento, un'annotazione volta a precludere, in caso di riproduzione della sentenza (o provvedimento) in qualsiasi forma, l'indicazione delle generalità e di altri dati identificativi del medesimo interessato riportati sulla sentenza o provvedimento.
Il comma 2 prevede poi un potere officioso di "omissare" i dati rinviando alla disciplina in materia di privacy, e, in particolare, all’art. 9 del Regolamento (UE) 2016/679, per cui sono soggetti a oscuramento obbligatorio quei dati che rivelino l'origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, o l'appartenenza sindacale, nonché i dati genetici, dati biometrici intesi a identificare in modo univoco una persona fisica, dati relativi alla salute o alla vita sessuale o all'orientamento sessuale della persona.
Il comma 5 dell'art. 52 prevede, infine, un'ipotesi di ulteriore oscuramento ex lege volta a tutelare, oltre alle persone offese da atti di violenza sessuale, i soggetti minorenni, a qualsiasi titolo coinvolti in procedimenti giudiziari, e le parti di procedimenti in materia di rapporti di famiglia e di stato delle persone.
Tanto premesso, nel caso di specie, la Corte di Cassazione ha ritenuto che non ricorressero le condizioni per disporre l'oscuramento dei dati personali ex lege, non sussistendo neppure “motivi legittimi” posti a fondamento della richiesta di oscuramento dei dati.
Seppur la norma non specifica infatti quali siano i motivi “legittimi”, è stato affermato nella giurisprudenza di legittimità che rilevanti indicazioni si traggono dalle linee guida dettate dal Garante della privacy il 2 dicembre 2010, "in materia di trattamento di dati personali nella riproduzione di provvedimenti giurisdizionali per finalità di informazione giuridica", in cui, con specifico riferimento alla c.d. "procedura di anonimizzazione dei provvedimenti giurisdizionali", si fa riferimento alla "particolare natura dei dati contenuti nel provvedimento (ad esempio, dati sensibili)", ovvero alla "delicatezza della vicenda oggetto del giudizio".
Con riferimento alla "delicatezza" della vicenda, essa deve essere ravvisata, secondo lo stesso Garante, nelle "negative conseguenze sui vari aspetti della vita sociale e di relazione dell'interessato (ad esempio, in ambito familiare o lavorativo)"
L'esigenza di applicare la disciplina della privacy deve, inoltre, contemperarsi con le ragioni sottese alla pubblicità della sentenza, le quali attengono ad un valore costituzionale, quello, cioè, della conoscibilità e dell'apprezzamento del prodotto integrale dell'attività giudiziale.
Un giudizio di relazione tra due poli che il giudice è tenuto a compiere in concreto, di volta in volta, in ragione della specificità della prospettazione che il soggetto interessato fornisce, della valenza dell'interesse all'oscuramento dei dati, delle ragioni per cui la vicenda riveste "particolare delicatezza" e, in particolare, di quelle per cui, se l'oscuramento non fosse disposto, si produrrebbero negative conseguenze sui vari aspetti della vita sociale e di relazione dell'interessato, come ad esempio, in ambito familiare o lavorativo.
Un onere di specificazione del motivo che giustifica l'oscuramento dei dati in quanto prevalente rispetto alla regola generale della diffusione integrale del provvedimento.
Avv. Ginevra Proia
Studio Previti
Associazione Professionale