• Concorrenza sleale

30 dicembre 2016

Differenza tra concorrenza sleale per riproduzione servile confusoria e per agganciamento

La riproduzione di elementi distintivi arbitrari e inessenziali alla funzione tecnica svolta costituisce un atto di concorrenza sleale se idonea a creare un rischio di confusione, quanto meno per associazione, riguardo alla loro origine imprenditoriale

In particolare, la tutela di cui all’art. 2598, comma 1, c.c. attiene non alla forma del prodotto in sé, bensì a quegli elementi accidentali o capricciosi che consentono di assurgere ad elemento distintivo di un prodotto. Essa concerne le forme aventi efficacia individualizzante e diversificatrice del prodotto rispetto ad altri simili, non essendo, tuttavia, compresi nella tutela medesima gli elementi formali dei prodotti imitati che, nella percezione del pubblico, non assolvano ad una specifica funzione distintiva del prodotto stesso, intesa nel duplice effetto di differenziarlo rispetto ai prodotti simili e di identificarlo come riconducibile ad una determinata impresa.

La riproduzione degli elementi “più caratteristici” del prodotto altrui non integra di per sè un’ipotesi di agganciamento illecito, di cui all’art. 2598 n. 2 c.c. (look alike), in quanto l’ipotesi normativa in commento si riferisce al diverso caso della condotta parassitaria, che sia rivolta all’appropriazione di qualità e pregi dell’attività e del prodotto altrui, ferma restando la distinzione d’identità fra gli uni e gli altri, e ricorre quando un imprenditore, in forme pubblicitarie od equivalenti, attribuisce ai propri prodotti od alla propria impresa pregi da essi non posseduti, ma appartenenti a prodotti o all’impresa di un concorrente, in modo da perturbare la libera scelta dei consumatori. In altre parole, l’agganciamento sussiste quando è finalizzato a richiamare alla mente del consumatore il prodotto della concorrente, sfruttando l’altrui lavoro e l’altrui investimento per l’accreditamento del nuovo prodotto, ma non è idoneo a creare confusione, e pertanto ad integrare la fattispecie confusoria della concorrenza sleale di cui all’art. 2598 n. 1 c.c..

Fonte: Giurisprudenza delle imprese


Tribunale Milano (ord.) 30/12/2016