• Concorrenza sleale

23 novembre 2016

Concorrenza sleale per storno dipendenti

La concorrenza illecita, per mancanza di conformità ai principi della correttezza, non può mai derivare dalla mera constatazione di un passaggio di collaboratori da un’impresa ad un’altra concorrente, né dalla contrattazione che un imprenditore intrattenga con il collaboratore del concorrente in quanto il cd “storno di dipendenti”, volto ad assicurare le prestazioni lavorative di uno o più collaboratori di un’impresa concorrente, rappresenta una normale espressione della libertà di iniziativa economica ex art. 41 Cost. e della libera circolazione del lavoro ex art. 4 Cost.

L’attività di acquisizione di collaboratori e dipendenti integra concorrenza sleale quando sia stata attuata con la finalità di danneggiare l’altrui azienda, in misura che ecceda il normale pregiudizio che può derivare dalla perdita di prestatori di lavoro che scelgano di lavorare presso altra impresa. L’illiceità della condotta ex art. 2598 n. 3 c.c. dovrebbe pertanto essere desunta dall’obbiettivo essenziale che l’imprenditore concorrente si proponga, attraverso questo passaggio di dipendenti, di vanificare lo sforzo di investimento del suo antagonista. Non basta, infatti, che l’atto in questione sia diretto a conquistare lo spazio di mercato del concorrente, anche attraverso l’acquisizione dei migliori collaboratori, ma è necessario che sia diretto a privarlo del frutto del “suo” investimento.

Per individuare siffatta scorrettezza concorrenziale occorre innanzitutto considerare i mezzi utilizzati, valutando le modalità di reclutamento dei dipendenti stornati e gli effetti potenzialmente “destrutturanti” sull’altrui organizzazione aziendale, unitamente alla parassitaria sottrazione di avviamento (il che consente di ancorare ad elementi indiziari oggettivi il requisito del c.d. “animus nocendi”).

L’animus nocendi, ossia l’intenzione di disgregare l’azienda del concorrente è stato desunto dalla costante giurisprudenza, con criterio puramente oggettivo, da elementi, tra i quali: la quantità del soggetti stornati; la portata dell’organizzazione complessiva dell’impresa concorrente; la posizione che i dipendenti stornati rivestivano all’interno dell’azienda concorrente; la scarsa fungibilità dei dipendenti; la rapidità dello storno; il parallelismo con l’iniziativa economica del concorrente stornante”.

Fonte: Giurisprudenza delle imprese


Tribunale Milano 23/11/2016