giurisprudenza

  • Concorrenza - Aiuti di Stato -Trasporti e infrastrutture dei trasporti

Il caso Tirrenia-Moby: disciplina degli aiuti di Stato e dell’amministrazione straordinaria nella vendita dell’intera azienda

A differenza degli accordi che costituiscono una violazione della disciplina eurounitaria a tutela della concorrenza (in prima battuta, cioè, degli artt. 101 e 102 del TFUE), gli accordi stipulati a valle di un c.d. aiuto di Stato incompatibile con la relativa disciplina (e cioè, in prima istanza, con l’art 107 del TFUE) non sono – in linea di principio – invalidi o inefficaci perché questa seconda disciplina mira a sanzionare solamente gli atti (direttamente o indirettamente) riferibili allo Stato e non anche gli accordi stipulati in seguito e sul presupposto di questi (c.d. efficacia verticale e non orizzontale della sanzione avverso agli aiuti di Stato).

Il fatto che l’art. 107 del TFUE non preveda in modo espresso – come invece fanno gli artt. 101 e 102 – la sanzione della nullità degli accordi conclusi in violazione del medesimo articolo non pregiudica il potere – ma non l’obbligo – del giudice domestico di sindacare, seppur sotto diversi ed ulteriori profili, la validità di tali accordi.

Gli accordi che costituiscono violazione (o anche solo attuazione di una violazione) dell’art. 107 del TFUE possono essere ritenuti invalidi per illiceità della causa, avente fonte nella violazione dell’art. 16 del Regolamento dell’UE n. 1589 del 2015, che prevede l’obbligo dello Stato di recuperare dal beneficiario un importo parti al controvalore degli aiuti concessi. (1)

Sono nulle per illiceità della causa tutte quelle clausole, previste da un contratto di cessione d’azienda esecutivo di una aggiudicazione secondo le procedure pubblicistiche di c.d. evidenza pubblica, che abbiano per oggetto o come effetto quello di esentare il cessionario-aggiudicatario dal pagamento, al ricorrere di certe condizioni, anche solo di parte del prezzo d’aggiudicazione e ciò perché simili clausole vanno a sconfessare l’offerta d’asta in base alla quale l’aggiudicazione è avvenuta. (2)

Il principio di conservazione della fattispecie (emergente, fra l’altro, dall’art. 1419 c.c.) impone al giudice di accertare la nullità solo parziale del contratto ancorché a dover essere colpita da nullità sia una pattuizione pur centrale e rilevantissima ma non essenziale del contratto in questione, posto che il giudizio richiesto dalla legge per l’invalidazione dell’intero regolamento di interessi delle parti non è di centralità o meno ma di essenzialità.

Ne consegue che la nullità di alcune pattuizioni in materia di pagamento del prezzo non necessariamente importa la nullità dell’intero contratto, a meno che la parte che avrebbe timore alla sopravvivenza del contratto privato di una componente a suo giudizio essenziale non eccepisca tale circostanza. (3)

La fusione per incorporazione nella società controllante (c.d. fusione inversa) con il ricorso dell’indebitamento ex art. 2501-bis c.c. è operazione in astratto idonea a disperdere la garanzia patrimoniale del debitore e dunque a fondare il presupposto del periculum in mora per la concessione di un sequestro conservativo.

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(1) Nel caso di specie la clausola ritenuta nulla per illiceità della causa (e che per l’effetto ha fondato il fumus boni iuris del sequestro conservativo di parte del saldo attivo di alcuni conti correnti della resistente, accolto in sede di reclamo al rigetto di prime cure) era parte del contratto di cessione d’azienda stipulato fra l’amministrazione straordinaria di Tirrenia di Navigazione S.p.A. e la CIN – Compagnia Italiana di Navigazione S.p.A. (facente parte del gruppo Moby, riferibile agli armatori Onorato), cessione subordinatamente condizionata alla stipulazione di una convenzione di servizio pubblico fra la cessionaria e lo Stato. In base a tale clausola, la CIN aveva il diritto di chiedere la sospensione del proprio obbligo a corrispondere alla cedente una o più rate che costituivano il prezzo differito per la cessione dell’azienda allorché intervenga un provvedimento, da parte della Commissione Europea, di avvio dell’istruttoria per l’accertamento di un eventuale aiuto di Stato illegittimo (consistente, cioè, nelle condizioni della convenzione di servizio pubblico eccedenti la normale compensazione atta a condurre l’investimento a condizioni di mercato). Inoltre, in caso di condanna alla restituzione dell’illegittimo aiuto di Stato, la CIN aveva il diritto di ridurre, euro su euro, il residuo prezzo da pagarsi a Tirrenia in ragione dell’ammontare dell’aiuto da restituirsi, di fatto spostando così il rischio economico della restituzione da essa beneficiaria a Tirrenia. Difatti, operando un simile meccanismo in caso di aiuti di Stato illegittimi, CIN avrebbe, da un lato, sì restituito l’aiuto percepito ma, dall’altro, non corrisposto più il prezzo residuo, pur rimanendo titolare dell’intera azienda ceduta, così falsando il gioco della concorrenza e conseguendo un vantaggio competitivo nei confronti dei suoi concorrenti.

(2) Per rendere evidente la centralità dell’equa determinazione del prezzo minimo d’asta, occorre evidenziare che la determinazione in questione era avvenuta all’esito di un apposito subprocedimento, che aveva ad oggetto la valutazione del complesso aziendale da parte di un esperto nominato dal Ministero dello Sviluppo Economico, Banca Profilo S.p.A.

(3) In seguito all’analisi delle fasi del procedimento di aggiudicazione ad evidenza pubblica, il Tribunale di Roma ha ritenuto che l’assenza della clausola in base alla quale l’eventuale restituzione dell’aiuto di Stato debba andare a decremento del prezzo non avrebbe indotto le parti a non concludere il contratto e ciò, fra l’altro, per la ragione che la stipulazione della convezione di servizio pubblico – e cioè la conoscibilità dei suoi esatti termini e condizioni – fosse non solo temporalmente successiva alla stipulazione del contratto di cessione d’azienda ma anche incerta nell’an.

Fonte: Giurisprudenza delle imprese


Tribunale Roma (ord.), 04/03/2020