• Privacy - Basi giuridiche del trattamento dei dati -Giustizia

21 gennaio 2020

T.A.R. Lazio Roma, sez. II quater, 21/01/2020, n. 761 [Trattamento dei dati personali - Accesso agli atti - Principio di minimizzazione dei dati di cui all’art. 5 del GDPR - Utilizzo di dati strettamente limitato all'esercizio del diritto di difesa - Indebito utilizzo dei dati, anche mediante il loro inserimento in scritti difensivi che non sia strettamente necessario]

Trattamento dei dati personali - Accesso agli atti - Principio di minimizzazione dei dati di cui all’art. 5 del GDPR - Utilizzo di dati strettamente limitato all'esercizio del diritto di difesa - Indebito utilizzo dei dati, anche mediante il loro inserimento in scritti difensivi che non sia (strettamente) necessario per l’esercizio legittimo delle finalità difensive - Responsabilità - Difetto di giurisdizione.

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale 4755 del 2019, proposto da-OMISSIS--OMISSIS-., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Vilma Aliberti, Franco Coccoli, Marco Di Lullo, Massimo Longo, Pasquale Cardellicchio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Franco Coccoli in Roma, viale Parioli 180;

contro

La Commissione Nazionale per le Società e la Borsa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Maria Gioconda De Gaetano Polverosi, Gianfranco Randisi, Matteo Musitelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Maria Gioconda De Gaetano Polverosi in Roma, via G.B. Martini 3;

per l'annullamento, previa sospensione

del “Regolamento sul Procedimento Sanzionatorio della Consob”, adottato con Delibera Consob -OMISSIS-, n. -OMISSIS- (s.m.i.), con particolare riferimento all'art. 8, comma 5;

del “Regolamento organizzazione e funzionamento”, adottato con Delibera Consob -OMISSIS-, n. -OMISSIS- (s.m.i.), con particolare riferimento agli art. 10 e 12.

nonché per l'accertamento e la dichiarazione di illegittimità derivata e conseguente delle Deliberazioni sanzionatorie di Consob n.-OMISSIS-del -OMISSIS-e -OMISSIS-del -OMISSIS-.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio de la Commissione Nazionale per le Società e la Borsa;

Vista le istanze dell’Amministrazione presentate con la memoria in data 25 novembre 2019;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatrice nell'udienza pubblica del giorno 26 novembre 2019 la dott.ssa Emanuela Loria e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

 

Con il presente ricorso, notificato il 19 aprile 2019 e depositato il 19 aprile 2019, la Società indicata in epigrafe impugna il “Regolamento sul Procedimento Sanzionatorio della Consob” adottato con Delibera Consob -OMISSIS-, n. -OMISSIS- (s.m.i.), con particolare riferimento all’art. 8, comma 5 e il “Regolamento organizzazione e funzionamento” adottato con Delibera Consob -OMISSIS-, n. -OMISSIS- (s.m.i.), con particolare riferimento agli art. 10 e 12 e chiedeva l’accertamento e la dichiarazione di illegittimità derivata e conseguente delle Deliberazioni sanzionatorie di Consob n. -OMISSIS-del -OMISSIS-e -OMISSIS-del -OMISSIS-.

La ricorrente precisa di agire nella qualità di destinataria delle Deliberazioni sanzionatorie di Consob n.-OMISSIS-del -OMISSIS-e n. -OMISSIS-del -OMISSIS-, entrambe recanti l’irrogazione di sanzioni amministrative pecuniarie comminate ai sensi dell’art.26 del d.lgs. n.39/2010, ragione per cui aveva avanzato a Consob istanze di accesso ex lege n. 241/1990 in data 30 ottobre 2018, quanto alla prima sanzione, e in data 20 novembre 2018, quanto alla seconda.

Avverso i predetti provvedimenti sanzionatori, la società istante ha proposto ricorso in opposizione (ex art. 195, comma 4^, d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, “T.u.f.”) innanzi alla Corte d’Appello di Milano, le cui udienze, come riportato nella memoria dell’Amministrazione depositata l’8 novembre 2019, si terranno rispettivamente il 19 febbraio (con riferimento alla delibera n. -OMISSIS-) ed il 25 marzo 2020 (con riferimento alla delibera n. -OMISSIS-).

In entrambi i casi, la società ricorrente, segnalata la ricezione del singolo provvedimento sanzionatorio, ha chiesto:

- “di poter esercitare, presso gli uffici dell’Autorità, il diritto di accesso a e di estrazione di tutti i documenti e gli (nessun escluso) atti relativi al detto procedimento sanzionatorio (fase istruttoria e fase decisoria comprese)”,

- precisando che “(…) con l’espressione ‘documenti’ si intendono. esemplificativamente, note, lettere, missive, altra corrispondenza, e-mail, memorandum, bozze, appunti, pareri, memorie, promemoria, relazioni, comunicazioni di servizio, verbali, relazioni preliminari ispettive e delle divisioni competenti, nonché altri materiali di corrispondente natura relativi a tutti i documenti testé elencati, anche istruttori o infraprocedimentali, tutti comunque predisposti dall’Autorità (ovvero anche dei propri Uffici) o formati da terzi e comunque acquisti e/o utilizzati da codesta Spett.le Commissione, compresi tutti quelli richiamati nei predetti documenti”.

L’Amministrazione ha riscontrato le richieste della parte ricorrente con note del 19-20 dicembre 2018, nelle quali ha comunicato, tra l’altro, che i verbali delle sedute della Commissione in cui erano state discusse le relative pratiche erano ancora in fase di predisposizione e che sarebbero stati trasmessi non appena possibile.

La parte istante ha proposto i ricorsi ex art. 116 C.P.A., notificati il -OMISSIS-(R.G. n.-OMISSIS-- -OMISSIS-), al fine di reperire i dati documentali richiesti con le note citate.

Essendo stato consentito l’accesso a taluni dei documenti oggetto delle richieste citate e dei ricorsi al giudice amministrativo proposti ex art. 116 C.P.A. nelle more della trattazione del ricorso sull’accesso agli atti e a seguito di una serie di rinvii richiesti dalle parti, con la sentenza n. -OMISSIS-, relativa alla Delibera n. -OMISSIS-/2018, la Sezione ha dichiarato, in parte, la cessazione della materia del contendere, ritenendo soddisfatto l’interesse della ricorrente con riferimento agli estratti dei verbali delle sedute della Commissione ostesi nel corso del giudizio; per il resto, ha respinto il ricorso proposto, avendo accertato l’infondatezza delle ulteriori richieste formulate dalla medesima ricorrente.

Con la sentenza n. -OMISSIS-, relativa alla Delibera n. -OMISSIS-/2018, il Tribunale ha: rilevato, in parte, la cessazione della materia del contendere, per ciò che attiene agli estratti dei verbali che sono stati ostesi a parte ricorrente nel corso del giudizio; respinto, per il resto, il ricorso, salvo il riconoscimento del diritto della istante di accedere a tre note interne di trasmissione di documentazione tra Uffici (poi effettivamente ostese dall’Amministrazione, in adempimento della decisione, con la nota del 30 aprile 2019).

Con distinti ricorsi notificati all’Amministrazione in data 6 maggio 2019, la ricorrente ha interposto appello al Consiglio di Stato avverso entrambe le menzionate sentenze di I grado, nn. -OMISSIS-e -OMISSIS-.

Con le sentenze nn.-OMISSIS-e -OMISSIS- del -OMISSIS-i ricorsi sono stati accolti con limitato riguardo alla disclosure, richiesta dalla società, dei nominativi dei componenti il Collegio partecipanti alla seduta.

In particolare, è stato disposto che l’Amministrazione debba “consentire l’accesso a -OMISSIS- ai verbali delle sedute nelle quali si è trattato il procedimento sanzionatorio a carico di -OMISSIS-, anche con riferimento alle parti “omissate” recanti i nominativi dei Commissari partecipanti alle sedute stesse”.

Per il resto, le decisioni della Sezione sono state confermate dal Consiglio di Stato (in particolare per ciò che attiene alle parti dei verbali che riguardano l’audizione di un funzionario dell’Autorità, alla documentazione afferente alle ragioni che hanno indotto un Commissario ad astenersi dal partecipare alla decisione ed alla votazione, alla consegna delle bozze dei verbali - considerato che le stesse non rivestono la qualità di documento amministrativo accessibile, né interno endoprocedimentale ovvero preparatorio dei verbali – ed, infine, al cd. “minutaggio” delle sedute di Commissione).

Come più sopra precisato, con il ricorso in epigrafe, la parte istante – nella qualità di destinataria delle due sopramenzionate Delibere sanzionatorie – ha chiesto al Giudice amministrativo di annullare il Regolamento Consob sul Procedimento Sanzionatorio (adottato con Delibera n. -OMISSIS- del -OMISSIS- e s.m.i.), «con particolare riferimento all’art. 8, comma 5», nonché il Regolamento sull’organizzazione e il funzionamento della Consob (adottato con Delibera n. -OMISSIS- del -OMISSIS- e s.m.i.), «con particolare riferimento agli artt. 10 e 12», e per l’accertamento della conseguente invalidità derivata dei citati provvedimenti di irrogazione di sanzioni pecuniarie.

In particolare la ricorrente si duole per:

I. Violazione degli artt. 3, 24 e 97 Cost. Violazione ed errata applicazione dell’art.24, commi 1 e 3 della legge n.262/2005 e dell’art.195, comma 2, TUF. Violazione ed errata applicazione dei principi di buon andamento dell’azione amministrativa. Violazione del diritto di difesa. In particolare la censura della ricorrente si appunta sulla circostanza per cui i Regolamenti impugnati non avrebbero attuato il principio della verbalizzazione e quello della tempestività nella verbalizzazione stessa, prevedendo semplicemente che “Il procedimento sanzionatorio si conclude con l’adozione da parte della Commissione del provvedimento sanzionatorio, dell'atto di archiviazione ovvero della proposta di applicazione di misura sanzionatoria di competenza di altra Amministrazione o Autorità” e ciò in violazione della disciplina del citato art.24, comma 1 (in particolare), della legge n.262/2005 nonché dell’art. 195, comma 2, TUF.

Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata sollevando plurime eccezioni di inammissibilità del ricorso per essere lo stesso stato presentato oltre il termine di sessanta giorni e per carenza di interesse e per difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo.

Alla camera di consiglio del 14 maggio 2019, previa rinuncia all'istanza cautelare, i legali della parte ricorrente hanno chiesto la fissazione dell'udienza di merito; la richiesta è stata accolta ed è stata disposta la cancellazione della causa dal ruolo delle istanze cautelari e fissata l'udienza pubblica per il giorno 26novembre 2019.

In vista dell’udienza di merito le parti hanno depositato memorie riepilogative delle proprie rispettive argomentazioni difensive e, in particolare, con l’ultima memoria, la parte istante ha chiesto che venga sollevata la questione di costituzionalità dell’art. dell’art. 195 d.lgs. n.58/1998 per contrasto con gli artt. 3, 24, 97, 103, 111 e 113 Cost., nella parte in cui non esclude espressamente che il ricorso in opposizione, quando relativo ai regolamenti organizzativi dell’intimata, veda il Giudice Amministrativo dotato di giurisdizione. A tale eccezione ha replicato l’Amministrazione costituita con memoria del 15 novembre 2019.

L’Amministrazione resistente, con la memoria depositata in data 25 novembre 2019, ha rilevato che, in data 15 novembre 2019, una volta ricevuti i verbali richiesti, la ricorrente “ha depositato, nel presente giudizio una memoria di replica nella quale ha inopinatamente utilizzato i nominativi dei Commissari partecipanti alle sedute in cui è stata decisa l’adozione delle Delibere nn. -OMISSIS-e -OMISSIS-(facendone espressa menzione nel corpo dell’atto)” e ha richiesto che “allo scopo di evitare il prodursi di pregiudizio irreparabile al diritto alla riservatezza dei Commissari Consob i cui nominativi sono stati utilizzati da controparte nel presente giudizio - l’udienza collegiale prevista per il 26 novembre p.v., per decisione del Presidente di codesto Ecc.mo Tribunale, sia svolta a porte chiuse, ed in ogni caso, che sia disposta da codesto Ecc.mo Collegio la cancellazione dei suddetti nominativi dallo scritto depositato da controparte, l’oscuramento dei medesimi nell’ambito del provvedimento giurisdizionale (in caso di una loro esplicita menzione) ai sensi di quanto previsto dall'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e dagli articoli 5 e 6 del Regolamento UE 2016/679 relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali nonché alla libera circolazione di tali dati (c.d. GDPR), oltre che l’adozione di ogni altro possibile accorgimento idoneo ad impedire il prodursi del suindicato pregiudizio.”

All’udienza (celebratasi in forma non pubblica in adesione alla richiesta della parte intimata, accolta dal Presidente del Collegio) del 26 novembre 2019 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Il Collegio ritiene di dovere preliminarmente esaminare la questione posta dall’Amministrazione in ordine:

a. alla espunzione dall’ultima memoria della ricorrente di taluni nominativi emergenti dai verbali ostesi;

b. all’oscuramento dei medesimi nell’ambito del provvedimento giurisdizionale (in caso di una loro esplicita menzione) ai sensi di quanto previsto dall'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.

Riguardo alla richiesta sub a), il Collegio ritiene che la stessa non può essere accolta non essendo rinvenibile alcun legittimo titolo in base al quale il Collegio possa espungere i nominativi dagli scritti difensivi, non costituendo idonea base giuridica l’art. 89 c.p.c. che si riferisce esclusivamente ad espressioni sconvenienti od offensive (non presenti nel caso de quo), delle quali il Giudice può ordinare la cancellazione dagli scritti o dai verbali.

Tale disposizione non appare suscettibile di interpretazione estensiva o analogica ad ulteriori fattispecie, quali quella all’esame in cui sono citati due nominativi, giacchè l’intervento del giudice sugli atti di parte deve essere strettamente limitato ai casi in cui sia funzionale a evitare la commissione di fatti che abbiano in concreto la capacità di ledere l’onorabilità ed il prestigio dei soggetti citati, traducendosi, altrimenti, l’estensione del potere di cancellazione di cui all’art. 89 c.p.c, in un improprio e non giustificato intervento del giudice sulle potenzialità di difesa dei patrocinatori in giudizio.

D’altro canto, va ricordato che si tratta di un atto processuale nativo digitale, per cui i dati e le informazioni contenute nella predetta memoria, direttamente inserita nel sistema informatico della giustizia amministrativa (SIGA) dalla ricorrente, non sono in alcun modo modificabili, trattandosi di atto che, per espressa disposizione normativa, è stato formato con accorgimenti che impediscono la sua modifica in tempi successivi, persino dallo stesso autore dello stesso.

In ogni caso, anche ove una simile “alterazione” d’ufficio dell’atto di parte fosse tecnicamente possibile, si oppone alla richiesta di parte il fatto che si tratta di un intervento che, considerata la sua gravità, necessita di un’espressa base normativa, che non è rinvenibile, allo stato, dell’ordinamento positivo.

Inoltre, se anche il richiesto oscuramento fosse tecnicamente e giuridicamente possibile in astratto, tale intervento di “manipolazione” dall’esterno di un atto difensivo di parte si porrebbe in contrasto con il principio di necessità e proporzionalità in quanto, nel caso in esame, l’oscuramento non sarebbe nemmeno giustificato da un interesse della parte richiedente (salvaguardare il segreto dei nominativi dei componenti che hanno preso parte alla seduta dell’organo collegiale) che sia “di rango almeno pari” a quello (esercizio del diritto di difesa in sede giurisdizionale) della parte contrapposta. A tale riguardo va osservato che l’interesse fatto valere dalla Consob risulta salvaguardato dal fatto che gli atti processuali immessi dalle parti nel sistema informatico sono accessibili solo dalle parti stesse e non sono visionabili da estranei: i meccanismi di protezione del sistema impediscono infatti l’accesso a terzi e la consultazione avviene “ai sensi degli articoli 51 e 52 del Codice dei dati personali”, come espressamente sancito dall’art. 18 del D.P.C.M. 16 febbraio 2016, n. 40 “Regolamento recante le regole tecnico-operative per l'attuazione del processo amministrativo telematico”, secondo le specifiche tecniche che sono stabilite dall’art. 19 e dall’allegato A “limitatamente ai profili inerenti la protezione dei dati personali, sentito il Garante per la protezione dei dati personali”.

Pertanto il rispetto della normativa sulla protezione dei dati personali è già assicurato, a monte, in sede di progettazione del sistema informatico, che ha espressamente considerato le problematiche della privacy, superando il vaglio del Garante, ed ha previsto modalità di consultazione riservate e precauzioni per evitare l’accesso indebito, come stabilito dagli artt. 17 e seguenti del Regolamento. In sostanza, l’accesso a terzi “qualificati” agli atti di causa è possibile, solo in via temporanea, a soggetti interessati e controinteressati al solo fine di decidere se intervenire o meno in giudizio, e per un tempo limitato, ai sensi dell’art. 76 delle disposizioni di attuazione del codice, secondo le modalità previste dall’art. 17 del DPCM sopraindicato. Quindi è, semmai, solo in quell’occasione – che invece non si è verificata nel caso di specie - che si sarebbe potuto porre il problema in esame.

In ogni caso, va ricordato che si tratta di dati ed informazioni che la ricorrente è stata autorizzata ad acquisire ed utilizzare in giudizio in virtù delle sentenze del Consiglio di Stato che, riformando in parte la sentenze della Sezione, hanno consentito all’interessata l’accesso ad atti della resistente che altrimenti sarebbero risultati inostensibili per effetto del divieto sancito dall’art. 4 co. 2 del “Regolamento per l'individuazione delle categorie di documenti amministrativi sottratti all'accesso, in attuazione dell'articolo 24 della legge 7 agosto 1990, n. 241” del 13 dicembre 1995. Con le predette sentenze il Supremo Consesso ha stabilito che “deve essere consentita la ostensione senza mascheramento di tutti i dati contenuti nei documenti richiesti, in quanto – e se –indispensabili a consentire la tutela in giudizio”, affermando che la predetta previsione regolamentare debba essere disapplicata “limitatamente ai dati rispetto ai quali sia dimostrata l’indispensabile necessità di conoscenza ai fini difensivi”. In base al bilanciamento dei contrapposti interessi, il Consiglio di Stato ha ritenuto che deve “recedere la tutela alla riservatezza dei singoli componenti rispetto al diritto di utilizzo dei relativi dati (….) ai soli fini defensionali, allo specifico ed unico scopo di verificare se costoro abbiano o meno agito in conflitto di interesse”, con l’avvertenza che “l’utilizzo di tali dati per un verso dovrà essere strettamente limitato alla propria difesa e tutela nei confronti del provvedimento sanzionatorio”. In tale prospettiva la ricorrente è stata ammonita che dati non possono essere “utilizzati per qualsivoglia altro scopo, anche giudiziario (attivo o passivo), nel rispetto del principio di minimizzazione dei dati di cui all’art. 5 del GDPR, a mente del quale l’utilizzo dei dati deve essere adeguat(o), pertinent(e) e limitat(o) a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali sono trattati”. Soprattutto, viene ricordato alla ricorrente che “l’acquisizione della conoscenza di tali dati determinerà l’ingresso di questi ultimi nel patrimonio dei dati disponibili (…) imponendosi a carico del “titolare del trattamento nonché dell’eventuale responsabile del trattamento (se ed in quanto nominato) della medesima società la custodia e l’utilizzo di tali dati secondo le regole imposte dal GDPR, nel rispetto del principio (anch’esso recato dall’art. 5 del GDPR) del trattamento (…) in modo lecito, corretto e trasparente”. In conclusione, a seguito dell’acquisizione di tali dati, la ricorrente è divenuta responsabile del suo utilizzo, per cui l’utilizzo indebito di tali dati, anche mediante il loro inserimento in scritti difensivi che non sia (strettamente) necessario per l’esercizio legittimo delle finalità difensive riconosciute dal giudice d’appello, comporta l’esposizione della ricorrente a tutte le responsabilità, civili e penali, sopra ricordate, che potranno essere fatte valere dalla controparte nella sede giudiziaria competente.

Invece, per quanto concerne la richiesta sub b), il Collegio la ritiene da accogliere ai sensi dell’art. 52, commi 1 e 2, d.lgs. 30 giugno 2003 n. 196 s.m.i. e degli articoli 5 e 6 del Regolamento UE 2016/679, anche con riferimento a tutte le parti del giudizio, delle quali pertanto dispone l’oscuramento a cura della Segreteria.

2. In via ulteriormente preliminare, il Collegio ritiene necessario delibare l’eccepita questione di difetto di giurisdizione.

3. Secondo la prospettazione dell’Amministrazione resistente, il ricorso è inammissibile per difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo, afferendo la controversia de qua alla materia “procedimentale sanzionatoria”, demandata alla cognizione esclusiva del Giudice Ordinario (nella fattispecie, la Corte di Appello territorialmente competente) ex art. 195, comma 4, T.U.F., già adito dalla ricorrente nel caso di specie, come si è dato conto nella parte in fatto.

La suddetta interpretazione - confermata da questa Sezione nelle recenti sentenze del -OMISSIS-– è stata, tra l’altro, suggellata anche dalle Sezioni Unite della Suprema Corte, con la recentissima sentenza n. -OMISSIS-.

4. Replica a tale prospettazione la parte ricorrente ritenendo che “l’orientamento espresso dalle Sezioni Unite non sia costituzionalmente orientato, determinando un minus della necessaria full jurisdiction del sanzionato-opponente, cui vengono sottratte le dovute garanzie procedimentali.” (pag. 5 della memoria depositata il 15 novembre 2019).

5. Il Collegio ritiene che la questione di legittimità costituzionale prospettata dalla ricorrente non superi il vaglio della rilevanza nell’ambito del presente giudizio.

Infatti, è proprio la ricorrente a richiamare la circostanza per cui, oltre che nell’attività ispettiva e sanzionatoria, l’attività dell’amministrazione resistente si manifesta anche nelle funzioni di vigilanza esercitate e con riferimento a tale specifico aspetto vi sarebbe un interesse acchè sia sottoposta alla Corte Costituzionale la legittimità delle norme impugnate.

Tale interesse non viene tuttavia in rilievo nel presente caso, in cui l’incidente di costituzionalità viene richiesto proprio con riferimento a due fattispecie nelle quali è in gioco l’attività sanzionatoria dell’Istituto resistente.

6. La questione non supera peraltro neanche il vaglio della non manifesta infondatezza giacchè ritenere che il potere di disapplicazione regolamentare del Giudice Ordinario (in questa come in altre materie) costituisca un minus di tutela rispetto a quella di annullamento offerta dal Giudice Amministrativo costituisce deduzione eccessivamente generica rispetto alla questione di legittimità prospettata.

Inoltre, la disapplicazione costituisce la modalità di piena tutela delle posizioni di diritto soggettivo incise dal provvedimento amministrativo illegittimo garantita dal giudice ordinario (Cass. Sez. Un. 18 giugno 2008 n. 16540; Cass. Sez. Un., 30 novembre 2006 n. 25521, Cass. Sez. Un. 5 giugno 2006, n. 13169) e volta al raggiungimento del risultato finale perseguito dall’istante (Cass. Sez. Un. Civ.n. -OMISSIS-).

L’eccezione di costituzionalità non può pertanto essere sollevata nell’ambito del presente giudizio per le suespresse motivazioni.

7. Venendo all’eccezione di difetto di giurisdizione, il Collegio ritiene, non ravvisando ragioni per discostarsi dal proprio orientamento già espresso con le proprie sentenze-OMISSIS-, che essa sia fondata.

Tale orientamento risulta peraltro essere stato confermato dal Giudice regolatore della giurisdizione (Corte Cass. SS.UU. Civ., Sentenza-OMISSIS-) nel caso segnalato dalla resistente, che si presenta perfettamente conforme a quello in decisione, per cui: “la giurisdizione va determinata sulla base della domanda, e ai fini del riparto tra giudice ordinario e giudice amministrativo rileva non già la prospettazione compiuta dalle parti, bensì il petitum sostanziale, il quale deve essere identificato non solo e non tanto in funzione della concreta pronunzia che si chiede al giudice bensì in funzione della causa petendi, ossia dell’intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio e individuata dal giudice con riguardo ai fatti allegati.”

Ed ancora: “Il petitum sostanziale va quindi identificato non solo in base al provvedimento che si chiede al giudice, ma anche alla causa petendi, dovendo il giudice indagare sulla effettiva natura della controversia in relazione alle caratteristiche del particolare rapporto fatto valere in giudizio, ed alla consistenza delle situazioni giuridiche soggettive in cui esso si articolata e si svolge (…). Si è al riguardo precisato che, a tale stregua, la giurisdizione del giudice ordinario, con riguardo a una domanda proposta dal privato nei confronti della P.A., non può essere esclusa nemmeno allorquando contenga la richiesta di annullamento di un atto amministrativo, giacchè ove tale richiesta si ricolleghi alla tutela di una posizione di diritto soggettivo in considerazione della dedotta inosservanza di norme di relazione da parte dell’Amministrazione, quella giurisdizione va affermata, fermo restando il potere del giudice ordinario di provvedere alla sola disapplicazione dell’atto amministrativo nel caso concreto, in quanto lesivo di detto diritto soggettivo. (…). In tema non solo di sanzioni amministrative, si è da queste Sezioni sottolineato che il sindacato del giudice del provvedimento sanzionatorio si estende, in ossequio al principio accessorium sequitur principale, alla validità sostanziale del rapporto presupposto, concernendo tutte le fasi procedimentali in cui lo stesso si scandisce nonché gli atti presupposti, e regolamentari posti a fondamento dell’emissione del provvedimento impugnato, i quali delineano il modus di esercizio della potestas iudicandi (…). A tale stregua, con riferimento al procedimento sfociato nell’emissione della sanzione amministrativa ex art. 145 d.lgs. n. 385 del 1993 giusta provvedimento in data 18 dicembre 2012 in argomento (…) la cognizione degli atti presupposti che hanno condotto all’emissione del provvedimento di relativa adozione spetta al giudice che in ordine al medesimo ha giurisdizione, costituendo essi la concreta e diretta ragione giustificativa della potestà sanzionatoria nel caso esercitata. In altri termini la valutazione dell’esercizio dei poteri da parte dell’Autorità spetta al giudice che ha giurisdizione sul provvedimento finale, che di tali poteri costituisce espressione”.

8. A ciò si aggiunga che, come rilevato nella stessa pronuncia, tale conclusione in ordine alla giurisdizione risulta confermata anche dalla Corte Costituzionale nel dichiarare costituzionalmente illegittimo – per violazione dell’art. 76 Cost. – l’art. 4, comma 1, n. 17), dell’Allegato 4 al d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104, nella parte in cui abrogava l’art. 145, commi da 4 a 8, d.lgs. n. 385/1993, il quale attribuisce alla Corte d’Appello di Roma la competenza funzionale per le controversie in materia di sanzioni inflitte dalla banca d’Italia (Corte Cost. 15 aprile 2014, n. n. 94, analogamente con riferimento alla Consob, Corte Cost., 27 giugno 2012 n. 162).

9. Conclusivamente, deve essere dichiarato, alla stregua delle suesposte considerazioni, l’integrale difetto di giurisdizione del giudice amministrativo sulla controversia in esame, la quale deve ritenersi attribuita alla giurisdizione del giudice ordinario.

Naturalmente, posto che la materia del contendere rientra - quanto al procedimento sanzionatorio - nella giurisdizione del giudice ordinario (il quale è anche munito dei relativi poteri di disapplicare la presupposta disciplina regolamentare) la questione potrà essere eventualmente riproposta in quella sede, nella ricorrenza delle condizioni di legge, con conservazione degli effetti sostanziali e processuali.

10. La peculiarità della controversia giustifica la compensazione delle spese di giudizio.

 

P.Q.M.

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice adito ai sensi e per gli effetti dell’art. 11 C.P.A. e indica il Giudice Ordinario quale giudice fornito della giurisdizione.

Dispone la compensazione delle spese e delle competenze di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare le parti del giudizio.

 

Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del giorno 26 novembre 2019 con l'intervento dei magistrati:

Floriana Rizzetto, Presidente FF

Emanuela Loria, Consigliere, Estensore

Silvia Coppari, Primo Referendario