• Tutela dei consumatori - Aspetti generali -Agroalimentare, allevamento e grande distribuzione

20 febbraio 2018

Etichettatura di prodotti alimentari che utilizzano come ingredienti prodotti a denominazione di origine protetta

Il Reg. 510/2006 pone le norme relative alla protezione delle denominazioni d’origine e delle indicazioni geografiche dei prodotti agricoli destinati all’alimentazione umana; prevede in particolare la necessità della rispondenza del singolo prodotto ad un disciplinare, le modalità per la sua registrazione, i controlli di corrispondenza, ecc.

L’art.13, 1° comma, assicura poi alle denominazioni registrate un’ampia tutela contro tutte le attività che possano trarre in inganno i consumatori circa l’origine di un prodotto e la sua appartenenza a quelli protetti. Si limita tuttavia ad individuare in modo più o meno generico alcune modalità attraverso le quali possono essere violati i diritti nascenti dalla registrazione e l’elenco non è esaustivo, come dimostra chiaramente la disposizione di chiusura posta dalla lettera d). La formulazione della norma, così come la mancata diretta previsione degli strumenti deputati a soddisfare le esigenze di protezione, sono chiari indici della volontà del legislatore comunitario di rimettere ai singoli stati la tutela degli interessi protetti, in conformità ai principi e ai criteri ivi esposti, ma nulla il regolamento dispone circa le modalità attraverso le quali tale tutela debba essere realizzata, che restano pertanto di competenza del singolo stato.

L’art.13 del regolamento 510/06 contiene una indicazione alquanto generica dei comportamenti vietati, caratterizzati unicamente dalla loro idoneità a consentire l’indebito sfruttamento della reputazione della denominazione protetta. La predisposizione di una disciplina sanzionatoria, che non può che essere specifica nella determinazione delle condotte sanzionate, non può prescindere dalla fissazione degli eventuali presupposti di offensività delle condotte e dalla individuazione delle condizioni in presenza delle quali le stesse non debbano essere soggette a sanzione. Poiché il riferimento, nell’etichettatura, ad una o più denominazioni protette può anche non integrare, a determinate condizioni, un indebito sfruttamento della loro reputazione, il limite posto all’applicazione della sanzione, mediante il riferimento ad un preventivo controllo della legittimità della condotta, costituisce una modalità di delimitazione dell’ambito dell’illecito – in conformità alla portata e alla ratio della disposizione regolamentare – che non esula dall’oggetto della delega legislativa.

L’indicazione, da parte della Commissione, delle condizioni che potrebbero rendere lecita la menzione della denominazione registrata “all’interno, o in prossimità, della denominazione di vendita di un prodotto alimentare che incorpora prodotti che beneficiano della denominazione registrata, come pure nell’etichettatura, nella presentazione e nella pubblicità del prodotto alimentare di cui trattasi” non implica alcuna posizione della Commissione medesima sulle modalità di verifica delle predette condizioni.

Il D.Lgs 19/11/2004, n.297 non impone l’inserimento di indicazioni ulteriori o diverse nel confezionamento delle etichette ma sanziona la commercializzazione di prodotti nelle cui etichette siano inseriti, su iniziativa del produttore, indicazioni – non previste dalla direttiva – idonee a violare le esigenze di tutela poste dal regolamento 510/06.

Il divieto, sanzionato dal Decreto legislativo, di fare riferimento, nell’etichettatura, nella presentazione o nella pubblicità, ad una o più denominazioni protette, è compatibile con la Dir. 200/13/CE, la quale prevede espressamente, all’art.18, la possibilità che gli stati membri vietino il commercio dei prodotti alimentari, pur conformi alle norme ivi previste, quando le disposizioni nazionali non armonizzate siano giustificate da motivi “di tutela della proprietà industriale e commerciale, di indicazioni di provenienza, di denominazioni d’origine e di repressione della concorrenza sleale”. Ne consegue altresì che anche l’autorizzazione consortile preventiva, la quale integra una mera possibilità di deroga al divieto di commercializzazione e quindi una sua limitazione, giustificata da una preventiva valutazione di legittimità del riferimento alla denominazione protetta, non contrasta né interferisce con la citata normativa comunitaria.

Fonte: Giurisprudenza delle imprese


Corte d'Appello Genova 20/02/2018