5 luglio 2017
Abuso di dipendenza economica ed abuso di posizione dominante: non basta la posizione dominante perchè ci sia abuso
Se in astratto la condotta qualificabile quale “abuso discriminatorio”, “abuso di dipendenza economica” e “atto di concorrenza sleale”, ai sensi dell’art. 3 L. 287/1990, dell’art. 102 TFUE e dell’art. 2598 c.c., può essere individuata nel rifiuto di accordare ulteriori dilazioni di pagamento ad un soggetto debitore e concedere, invece, ad altro soggetto debitore in medesima posizione debitoria con l’unico creditore, concessioni di favore non concesse al primo, in concreto le relative circostanze vanno soggette al rigoroso onere della prova da formarsi da chi allega l’abuso, al fine di accertare la effettiva sussistenza della condotta illecita (ovvero la concessione di condizioni diverse per prestazioni equivalenti, così determinando uno svantaggio per la concorrenza), l’esistenza del danno asserito e il nesso di causalità tra la condotta che si assume illecita ed il danno lamentato.
Nell’ambito dei rapporti contrattuali ed in ipotesi di avvio dell’azione risolutiva per inadempienza, l’invalidità di accordi dilatori non può essere desunta sic et simpliciter dalla posizione di dominanza di uno dei soggetti. Né al creditore insoddisfatto può negarsi, soltanto perché abbia la natura di impresa dominante in un determinato mercato, di cautelarsi nei confronti del proprio debitore e di avvalersi di strumenti, quale la risoluzione automatica del contratto, idonei a tutelare il proprio interesse a non rimanere vincolato nei confronti di chi ha reiteratamente violato gli accordi contrattuali, omettendo i pagamenti sia alle scadenze inizialmente concordate, sia a quelle previste nei molteplici piani di rientro accordati al debitore.
Fonte: Giurisprudenza delle imprese