24 settembre 2018
Regolazione e settore energetico - il T.A.R. Lombardia respinge il ricorso di Axpo anche in relazione al motivo in materia di aiuti di Stato
di Gloria Panaccione
Con la sentenza n. 2042, lo scorso 3 settembre il TAR Lombardia ha respinto il ricorso proposto da Axpo Trading AG (Axpo) avverso il provvedimento sanzionatorio con cui l’ARERA aveva irrogato una sanzione pari a 12.400 euro per il mancato acquisto di circa 13mila Certificati Verdi (CV) per gli anni di importazione 2012 e 2013.
Per meglio comprendere i fatti di causa è necessario ripercorrere seppur brevemente la vicenda e la normativa posta alla base dell’obbligo di acquisto di CV. Nel novembre del 2015 l’allora AEEGSI (ora ARERA) aveva avviato tre distinti procedimenti avverso l’operatore svizzero Axpo, Ilva e Taranto Energia (ossia la società che gestisce gli impianti energetici al servizio dello stabilimento dell’Ilva stessa) per l’asserito mancato acquisto nel 2014 di CV relativi all’energia importata nel 2013.
Come noto, allo scopo di incentivare la produzione nazionale di energia da fonte rinnovabile (c.d. energia verde), sin dal 2001 era stato imposto ai produttori e importatori di energia elettrica di immettere nel sistema nazionale una determinata quota di energia verde, prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili (art. 11 comma 1 del D. Lgs. 79/99), mediante acquisto diretto di essa. In tal modo veniva conformata la libertà di iniziativa economica degli importatori e produttori: una determinata quota (c.d. d’obbligo) dell’energia distribuita ovvero prodotta in Italia doveva essere rappresentata da energia verde. A tale adempimento poteva procedersi in differenti modi: mediante l’immissione diretta nel sistema elettrico nazionale della quota d’obbligo ovvero tramite l’acquisto (i) della quota equivalente o di una parte di essa da altri produttori; (ii) o dei relativi diritti, i.e. dei CV rilasciati dal Gestore dei Servizi Energetici S.p.A. (GSE) ai soggetti che producono nel territorio nazionale energia rinnovabile, in proporzione al quantum prodotto e nella misura indicata nel quadro legislativo di riferimento. Tale obbligo originariamente non era assoluto ma poteva subire deroghe, la c.d. esenzione mediante l’esibizione delle c.d. ‘garanzie di origine’. In altre parole, l’importatore di energia poteva chiedere al GSE l’esenzione dall’obbligo di acquisto dimostrando di avere importato dall’estero una corrispondente quota di energia verde, siccome certificata dalla garanzia di origine rilasciata dallo Stato di produzione.
Nel caso di specie, dagli accertamenti del GSE e dal procedimento sanzionatorio avviato dall’ARERA - in relazione all’energia importata nel 2013 e 2014 - si rilevava in capo ad Axpo l’obbligo di acquisto di circa 13 mila CV. Axpo inizialmente provava a richiedere l’esenzione, che però non gli veniva accolta. Pertanto, la società decideva di proporre il ricorso in questione, prospettando diverse censure tra cui degna di nota risulta essere quella con cui la ricorrente ha provato a sostenere la sussistenza di un contrasto con la disciplina europea in materia di aiuti di Stato, per quanto concerne il sistema di compravendita di CV.
Più precisamente, ad avviso di Axpo tale meccanismo integrerebbe una ipotesi di aiuto di Stato, sussistendone tutti gli elementi necessari: l’utilizzo di risorse statali, potendo il GSE con il gettito della componente A3 (versata dai consumatori e destinata a promuovere la produzione di energia da fonti rinnovabili e assimilate mediante un sistema di incentivi che garantiscono una remunerazione certa per l'energia prodotta e in particolare - con riguardo al caso di specie - volta alla copertura dei costi dei CV) acquistare CV a prezzo regolamentato; la sua idoneità ad incidere sul commercio transfrontaliero di energia; la sussistenza di un vantaggio selettivo che ai produttori nazionali di energia verde deriverebbe dall’attribuzione di CV (che possono essere venuti sul mercato o al GSE) comportando in thesi la distorsione delle normali dinamiche competitive, favorendo i produttori nazionali.
Axpo inoltre aveva sollevato una correlata questione relativa alla competenza, in quanto non sarebbe compito dell’Autorità - ovvero del giudice nazionale - valutare la compatibilità dell’aiuto di Stato con il mercato interno, bensì spetterebbe alla Commissione UE.
Pertanto, secondo la ricorrente, l’argomentazione con la quale l’Autorità avrebbe giustificato l’aiuto di Stato in ragione di una esigenza interpretativa attinente alla tutela dell’ambiente sarebbe dunque viziata da incompetenza, sconfinando nell’ambito di prerogative della Commissione.
Sul punto il giudice rigetta la tesi prospettata da Axpo, chiarendo che posto che il GSE utilizza fondi pubblici (la c.d. componente A3) nelle operazioni di compravendita dei CV sul mercato, esso effettua un intervento con “valenza generale, e non selettiva, in quanto volto a garantire l’equilibrio e la stabilizzazione del mercato a beneficio di tutti, indistintamente, i soggetti che su quel mercato siano chiamati ad operare, anche in ossequio ad un obbligo imposto dalla legge, e in conformità delle previsioni sovranazionali (D.Lgs. 79/99 e Direttiva 2009/28/CE).
Risulta evidente come, secondo il TAR, vengano a mancare due elementi fondamentali per la qualifica dell’aiuto di Stato, ossia quelli del vantaggio e della selettività. Considerata la complessità della questione, non resta che attendere se l’operatore svizzero deciderà di impugnare dinanzi al Consiglio di Stato la decisione in commento.
Avv. Gloria Panaccione
Freshfields Bruckhaus Deringer LLP
Fonte: http://knowledge.freshfields.com