• Tutela dei consumatori - Condizioni contrattuali -Telecomunicazioni (TLC)

19 ottobre 2018

Non vale il foro del consumatore per l'avvocato che sottoscrive un contratto di utenza telefonica per il proprio studio

di Annalisa Spedicato

Con l'ordinanza n. 22810 del 26 settembre 2018, la Corte di Cassazione, in accoglimento del ricorso promosso da una nota compagnia telefonica avverso la decisione dei giudici d'appello, ha chiarito che al professionista che stipula un contratto per un'utenza telefonica non può applicarsi il foro del consumatore.

Il caso riguardava un avvocato che aveva stipulato un contratto per la fornitura di un'utenza telefonica per l'esercizio della propria professione, il quale aveva citato in giudizio la compagnia telefonica a causa di disservizi sulla sua linea; la Corte d'appello, al pari del Tribunale in primo grado, aveva accolto le ragioni del professionista, rigettando l'eccezione di incompetenza territoriale sollevata dalla compagnia telefonica, che invocava la pattuizione contrattuale in cui era stato contrattualmente accettato dall'avvocato un diverso foro elettivo.

Così nel ricorso in Cassazione, la stessa compagnia lamentava l'errore della Corte d'appello, la quale avrebbe sbagliato nel ritenere che nel caso di specie dovesse applicarsi il cosiddetto "foro del consumatore", ovvero il foro del luogo di domicilio dell'attore, non accogliendo l'eccezione di incompetenza dalla stessa avanzata. Secondo la compagnia, l'attore (l'avvocato) era un professionista, che aveva stipulato il contratto per l'esercizio della propria professione di avvocato (questione non contestata in giudizio) e di conseguenza doveva ritenersi inapplicabile al caso di specie il Codice del Consumo (D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206) ed il foro del consumatore ivi previsto.

La Cassazione ha accolto le motivazioni della compagnia telefonica ritenendole fondate, in quanto ha chiarito che non può considerarsi contratto "del professionista", ai fini dell'applicabilità delle regole
 dettate dal Codice del Consumo (D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206), solo quello che ha ad oggetto il compimento d'un "atto professionale". Già la stessa Corte di legittimità aveva infatti espresso un principio condiviso in base al quale per acquisire la qualifica di professionista, ai sensi e per i fini di cui all'art. 3 del D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, non è necessario stipulare un contratto che costituisca di per sé esercizio dell'attività propria dell'impresa o della professione, ma è sufficiente che il contratto sia stipulato al fine di soddisfare interessi anche solo connessi od accessori rispetto allo svolgimento dell'attività imprenditoriale o professionale.

Proprio, sulla base di tale principio la Cassazione ha escluso in un altro caso che un avvocato potesse assumere la veste di consumatore chiedendo l'applicazione del foro del proprio domicilio in occasione di acquisti di riviste giuridiche in abbonamento o programmi informatici per la gestione di uno studio legale (Cass., sez. 6 - 2, ordinanza n. 17466 del 31 luglio 2014); la stessa Cassazione ha poi ricordato un altro caso molto simile a quello discusso in cui i giudici di piazza Cavour hanno escluso che potesse considerarsi "consumatore" anche l'avvocato che aveva stipulato un contratto di utenza telefonica con riferimento ad un apparecchio di cui usufruiva anche per lo svolgimento della sua attività professionale (Cass., sez. III, sentenza n. 11933 del 22 maggio 2006).

Concludendo, in virtù del suddetto orientamento ormai condiviso, deve ritenersi, ai fini dell'applicabilità delle norme sul Codice del Consumo, che è atto compiuto dal professionista, non solo quello che costituisca di per sé esercizio della professione, ma anche quello connesso alla professione da un nesso funzionale.

Pertanto, con specifico riferimento alla professione di avvocato, costituisce atto professionale non solo la stipula col cliente del contratto di mandato o di consulenza, ma anche la conclusione di tutti i contratti necessari od utili per il compimento degli atti professionali: quali, ad esempio, l'acquisto di testi giuridici; la stipula di un'assicurazione della responsabilità civile professionale; l'appalto dei servizi di pulizia dello studio professionale; la somministrazione di luce, gas o servizi telefonici per lo studio professionale.

Quindi, al pari, anche l'uso di un telefono all'interno di uno studio legale o un'utenza telefonica attivata per lo svolgimento dell'attività professionale deve ritenersi funzionale rispetto all'esercizio della professione; atteso ciò, è evidente, nel caso de qua, l'errore della Corte d'Appello che ha sottoposto il contratto in esame alla disciplina prevista per i contratti stipulati dal consumatore.

 


Annalisa Spedicato

Avvocato esperto in IP, ICT e Privacy