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5 giugno 2019

Intese e contratti di fideiussione bancaria - La Corte di Cassazione chiarisce che la nullità di un’intesa anticoncorrenziale "a monte" produce i propri effetti anche nei confronti dei contratti di fideiussione stipulati "a valle"

di Filippo Alberti

Con la sentenza pubblicata lo scorso 22 maggio, la Corte di Cassazione (la Cassazione) ha accolto il ricorso presentato da un consumatore (l’Attore) avverso la sentenza della Corte d’Appello di Brescia (la Corte d’Appello), la quale aveva precedentemente respinto la domanda presentata da quest’ultimo e volta ad ottenere il riconoscimento della nullità del contratto di fideiussione "omnibus" sottoscritto con la Banca Popolare di Bergamo - avente valore complessivo di €192.000 circa - a garanzia dei debiti assunti da una società terza. Ciò in quanto il contratto in parola sarebbe contrario all’articolo 2 della legge n. 287 del 10 ottobre 1990 (Legge n. 287/1990), che, come noto, vieta le intese anticoncorrenziali.

In particolare, con la pronuncia in oggetto, la Cassazione ha ribadito il principio, già espresso chiaramente in precedenti giudizi, secondo cui il contratto "a valle" concluso tra un imprenditore ed un consumatore, può essere considerato quale "compimento" di una condotta collusiva anticoncorrenziale ‘a monte’ e come tale affetto dalla medesima illiceità. A tal proposito, la Cassazione ha affermato che teorizzare una cesura tra i due summenzionati "livelli", così disconoscendo la possibilità che la prova di uno possa costituire prova anche dell’altro, negherebbe de facto l’effettività della normativa posta a tutela della concorrenza. In particolare, la Cassazione ha chiarito che la nullità del suddetto contratto "a valle" è necessaria a privare la "…volontà anticoncorrenziale 'a monte' [di] ogni funzione di copertura formale dei comportamenti ‘a valle…".

Al fine di meglio comprendere il presente giudizio, è opportuno riportare brevemente gli aspetti salienti del ragionamento adottato dalla Corte d’Appello di Brescia in merito alla richiesta presentata dall’Attore. Quest’ultimo, a sostegno della propria domanda aveva dedotto il provvedimento della Banca d’Italia, datato 2 maggio 2005, tramite cui quest’ultima ha accertato che gli articoli 2, 6 e 8 dello schema contrattuale di fideiussione adottato dall’ABI (e presenti anche nel contratto di fideiussione oggetto del contendere) riportavano disposizioni in contrasto con il summenzionato articolo 2 della Legge n. 287/1990.

In particolare, la Corte d’Appello ha respinto le doglianze attoree sulla base - inter alia - di un’interpretazione puramente letterale del provvedimento in questione, sottolineando come quest’ultimo fosse di mero accertamento e non contenesse sanzioni ovvero una diffida.

Con la sentenza in commento la Cassazione ha ritenuto che la Corte d’Appello di Brescia ha impropriamente omesso di valorizzare i seguenti argomenti: a) il provvedimento presentava, comunque, un contenuto prescrittivo, in quanto stabiliva che l’ABI dovesse emendare le proprie circolari, trasmettendone copia alla Banca d’Italia per un controllo preventivo; e b) il valore di prova privilegiata del summenzionato provvedimento della Banca d’Italia - la quale ha agito nell’esercizio dei poteri all’epoca attribuitile quale autorità garante per l’accertamento delle violazioni della legge antitrust nel settore creditizio.

La presente sentenza, quindi, è interessante per un duplice motivo: in primis perché la Cassazione ha riconosciuto, ancora una volta, il valore di "prova privilegiata" dei fatti accertati in sede amministrativa in tema di accertamento di un illecito antitrust; in secondo luogo perché la Cassazione ha voluto ribadire che l’annullamento di un’intesa anticoncorrenziale "a monte" non può che produrre un effetto "a cascata" sui rapporti "a valle". Questo in quanto la normativa antitrust "…è posta a tutela non solo dell’i
mprenditore ma di tutti i partecipanti del mercato…".

 


Avv. Filippo Alberti

Freshfields Bruckhaus Deringer LLP

Fonte: http://knowledge.freshfields.com