• Tutela dei consumatori - Clausole vessatorie e abusive -Istruzione, sanità e servizi sociali

6 giugno 2018

Un istituto scolastico finanziato con fondi pubblici è un “professionista” ai sensi della direttiva sulle clausole abusive nei contratti con i consumatori?

di Annalisa Spedicato

La CGUE chiarisce che il concetto di professionista di cui alla direttiva n. 93/13/CEE sulle clausole abusive si applica anche ad istituti di formazione finanziati con fondi pubblici in relazione ai contratti per agevolazioni di pagamento stipulati con gli studenti/consumatori.

La CGUE nel caso C-147/16, deciso con sentenza espressa in data 17 maggio 2018, ha precisato l’ambito di applicazione della nozione di professionista di cui alla direttiva 93/13/CEE in materia di clausole abusive nei contratti con i consumatori, in merito ad un contratto di pagamento rateizzato per la frequenza di un corso di formazione e viaggio studio stipulato tra una studentessa ed un istituto di libero insegnamento, la cui attività era sovvenzionata dallo Stato. La questione era stata condotta davanti alla Corte Europea dai giudici del Belgio, i quali, nel decidere il caso, si sono chiesti se il concetto di "professionista", per come definito dalla direttiva n. 93/13/CEE, possa essere esteso anche ad enti finanziati con fondi pubblici.
Per rispondere a tale dubbio interpretativo, i giudici europei hanno focalizzato la loro attenzione sulle definizioni di professionista e consumatore e sul fine ultimo della direttiva.

Le definizioni contenute nella direttiva n. 93/13/CEE

Sul primo punto, occorre premettere che la direttiva n. 93/13/CEE definisce professionista "qualsiasi persona fisica o giuridica che, nei contratti oggetto della presente direttiva, agisce nel quadro della sua attività professionale, sia essa pubblica o privata". Sin dal dato letterale della definizione, si comprende che il legislatore europeo abbia inteso utilizzare il concetto di professionista in termini ampi; infatti, proprio l’utilizzo del termine «qualsiasi» in detta disposizione, sottolinea che ogni persona fisica o giuridica dev’essere considerata un «professionista», ai sensi della direttiva 93/13, qualora eserciti un’attività professionale. La stessa disposizione include quindi qualsiasi attività professionale, «sia essa pubblica o privata». Pertanto, come enunciato dal suo quattordicesimo considerando, può risolversi che la direttiva 93/13 si applica anche alle attività professionali di carattere pubblico. Di conseguenza, l’articolo 2, lettera c), della direttiva 93/13 non esclude dal suo ambito di applicazione né gli enti incaricati di una missione di interesse generale né quelli che abbiano uno status di diritto pubblico (v., per analogia, sentenza del 3 ottobre 2013, C 59/12). Peraltro, spiega la Corte, riprendendo le parole dell’Avvocato Generale nelle sue conclusioni, il fatto che un organismo abbia o meno scopo di lucro è irrilevante ai fini della definizione della nozione di «professionista», ai sensi di tale disposizione. Dal tenore letterale dell’articolo 2, lettera c), della direttiva 93/13 risulta anche che, per essere qualificata come «professionista», è necessario che la persona interessata agisca «nel quadro della sua attività professionale». 

Spostandosi invece sulla definizione di consumatore, il disposto di cui all’art. 2 lett. b) lo definisce come qualsiasi persona fisica che, nei contratti oggetto della suddetta direttiva, agisce «per fini che non rientrano nel quadro della sua attività professionale». Ragion per cui, è con riferimento alla qualità dei contraenti, a seconda che essi agiscano o meno lungo il raggio della propria attività professionale, che la direttiva 93/13 definisce i contratti cui essa si applica.

Il fine della direttiva: la tutela del consumatore

Il fine ultimo della direttiva è invece quello di proteggere il consumatore che si trova in una situazione di inferiorità rispetto al professionista per quanto riguarda sia il potere di trattativa che il livello di informazione, situazione che lo induce ad aderire alle condizioni predisposte dal professionista, senza poter incidere sul contenuto delle stesse.

La nozione di «professionista» è dunque un concetto funzionale che implica il dovere di analizzare se il rapporto contrattuale si inserisca nell’ambito delle attività che una persona svolge a titolo professionale.

Nel caso di specie, i governi belga e austriaco avevano fatto valere che un istituto di insegnamento superiore, il cui finanziamento è garantito principalmente da fondi pubblici, non può essere considerato un’«impresa» (conformemente al significato di tale nozione offerto dal diritto della concorrenza dell’Unione) e, pertanto, un «professionista» ai sensi della direttiva 93/13, dato che l’attività di insegnamento che fornisce non costituisce un «servizio» ai sensi dell’articolo 57 TFUE. 

La Corte Europea tuttavia ha chiarito che la questione di cui si discorre nel procedimento principale non si riferiva alla funzione di insegnamento dell’istituto, piuttosto il dibattito era teso a comprendere se la prestazione complementare da esso fornita - ovvero offrire, mediante un contratto, agevolazioni di pagamento a rate di un debito esistente nel rapporto contrattuale con una studentessa - costituisse fondamentalmente un contratto di credito e, quindi, se nella sfera di tale prestazione accessoria, tale istituto agisse come professionista ai sensi della direttiva 93/13.

La decisione della Corte

I giudici europei hanno terminato le proprie argomentazioni focalizzandosi sulla sproporzione esistente di fatto sulle due parti contrattuali, l’istituto di insegnamento da un lato con un’organizzazione permanente e competenze professionistiche avanzate e la studentessa dall’altro, che diversamente agisce per scopi privati e che non ha negoziato le clausole contrattuali; alla luce di tali considerazioni, la CGUE ha chiarito che un istituto di libero insegnamento, finanziato da fondi pubblici che, per contratto, abbia concordato facilitazioni di pagamento relativamente alle tasse di iscrizione e spese di viaggio di studio dev’essere considerato, nell’ambito di tale contratto, un «professionista» ai sensi della direttiva 93/13 sulle clausole abusive nei contratti con i consumatori, cosicché detto contratto rientra nell’ambito di applicazione della direttiva medesima.

 


Annalisa Spedicato

Avvocato esperto in IP, ICT e Privacy