• Concorrenza - Intese -Farmaceutica

31 luglio 2018

La vicenda Avastin-Lucentis prossima all’epilogo. Un’infrazione antitrust che potrebbe trovarsi senza oggetto

di Roberto A. Jacchia

Nel prossimo autunno, il Consiglio di Stato sarà chiamato a decidere la controversia tra F. Hoffmann-La Roche Ltd (Roche), Roche SpA (Roche Italia), Novartis AG (Novartis) e Novartis Farma SpA (Novartis Italia), e l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), in merito ai procedimenti avviati e alle pesanti sanzioni antitrust inflitte loro da quest’ultima nel 2014.

La causa di merito è stata recentemente restituita al Giudice nazionale dalla Corte di Giustizia che, con la propria sentenza del 23 gennaio 2018 [Causa C -179/16, F.Hoffmann-La Roche e a.] [1], ha dato risposta ai quesiti pregiudiziali che le erano stati posti dal Consiglio di Stato. In questa sentenza, la Corte ha, tra l’altro, statuito che un’intesa tra due imprese che commercializzano due medicinali concorrenti, avente ad oggetto, in un contesto di incertezza scientifica, la diffusione presso l’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA), gli operatori sanitari ed il pubblico, di informazioni ingannevoli sugli effetti collaterali avversi dell’uso off-label di uno di tali medicinali al fine di ridurre la pressione concorrenziale che esso esercitava sull’altro, costituisce una restrizione della concorrenza “per oggetto” [2].

Nel 2014 l’AGCM aveva comminato ammende a Roche e alla sua controllata Roche Italia, e rispettivamente a Novartis e alla sua controllata Novartis Italia, per aver concluso un’intesa mirante ad accreditare una differenziazione artificiosa tra i farmaci Avastin e Lucentis, manipolando la percezione dei rischi dell’uso off-label di Avastin in ambito oftalmico [3]. Ambedue i farmaci erano stati autorizzati dalla Commissione Europea e dall’EMA con procedura centralizzata. Lucentis è autorizzato per il trattamento di talune affezioni oftalmiche, mentre Avastin, ancorché autorizzato per il trattamento di determinate patologie oncologiche, grazie al suo prezzo considerevolmente inferiore rispetto a quello di Lucentis, veniva spesso utilizzato (appunto, off-label) anche per la terapia delle medesime malattie oftalmiche.

Secondo la ricostruzione dell’AGCM, l’intesa ricadeva in una più ampia strategia collusiva volta ad ingenerare nei medici prescrittori e nei pazienti preoccupazioni sulla sicurezza dell’utilizzo off-label di Avastin, per evitare che esso potesse ostacolare lo sviluppo commerciale del più remunerativo Lucentis. Queste pratiche sarebbero proseguite e si sarebbero intensificate da quando era emerso da studi indipendenti che i due farmaci erano nella sostanz a terapeuticamente equivalenti, allo scopo di contrastare il calo delle vendite di Lucentis ed il corrispondente spostamento della domanda su Avastin, con costi aggiuntivi per il Servizio Sanitario Nazionale.

La decisione dell’AGCM era stata impugnata da Roche e Novartis dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio che, con la sentenza no. 12168 del 2 dicembre 2014, aveva rigettato i ricorsi. Roche e Novartis avevano quindi proposto appello al Consiglio di Stato, il quale aveva poi sospeso il giudizio dinanzi a sé ponendo taluni quesiti pregiudiziali alla Corte di Giustizia ex art. 267, ult. c., TFUE. Tra i quesiti sottoposti alla Corte, ve ne era, in particolare, uno mirante a conoscere se la diffusione di informazioni non corrette presso le autorità regolatorie sugli effetti collaterali avversi dell’uso di uno dei due medicinali concorrenti per indicazioni non coperte dalla relativa AIC, potesse costituire una restrizione della concorrenza “per oggetto” ai sensi dell’art. 101 TFUE [4].

Nella sua sentenza, la Corte ha ricordato che la nozione di infrazione “per oggetto” va interpretata restrittivamente ed è applicabile soltanto a quelle intese che manifestano per la loro stessa natura un grado di dannosità concorrenziale tale da far ritenere che l’esame dei loro effetti non sia necessario [5]. Per determinare se un’intesa possa qualificarsi come restrizione per oggetto, occorre inoltre tenere in considerazione gli obiettivi che questa persegue ed il contesto economico e giuridico in cui si colloca [6] . Questa ricostruzione rispecchia la giurisprudenza prevalente [7].

Nel rispondere ai quesiti del Consiglio di Stato, la Corte di Giustizia ha sottolineato che, in materia farmaceutica, l’analisi antitrust deve tenere conto della normativa di settore dell’Unione [8], che assoggetta un medicinale come Avastin ad un sistema di farmacovigilanza complesso [9] demandato al controllo dell’EMA in coordinamento con le Agenzie nazionali competenti [10].

E’ in questa prospettiva, che vanno collocate le contestazioni mosse dall ’AGCM a Roche e a Novartis, nel senso che le loro intese avrebbero avuto per scopo (dunque, per oggetto) di creare una differenziazione artificiosa tra Avastin e Lucentis, intervenendo sulla percezione dei rischi legati all’uso off-label di Avastin mediante diffusione di informazioni idonee a generare preoccupazioni di sicurezza ed a condizionare le scelte dei medici prescrittori. Inoltre, l’intesa avrebbe avuto per obiettivo di ottenere dall’EMA una modifica del riassunto delle caratteristiche del prodotto (SPC) di Avastin in tali riguardi e l’autorizzazione ad inviare agli operatori sanitari una comunicazione per richiamare la loro attenzione sugli effetti collaterali (c.d. DHPL - Dear Healthcare Professional Letter).

Secondo la Corte di Giustizia, poiché gli obblighi di farmacovigilanza che possono comportare la diffusione presso gli operatori sanitari e il pubblico di informazioni sui rischi legati all’uso off-label di un medicinale e l’avvio di un procedimento presso l’EMA al fine di includere tali informazioni nel relativo SPC fanno capo solo all’impresa titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio (AIC) del medicinale in questione, e non anche ad un’altra impresa che commercializza un medicinale concorrente coperto da un’AIC distinta [11], la circostanza che tali imprese si accordino per diffondere informazioni e sollecitare azioni dell’autorità regolatoria su un prodotto commercializzato da una sola di esse può costituire un indizio del perseguimento di obiettivi estranei alla farmacovigilanza. Le informazioni diffuse dovrebbero, poi, considerarsi ingannevoli qualora il Giudice del rinvio accerti che esse miravano, da un lato, a indurre in errore l’EMA e la Commissione per ottenere l’aggiunta degli effetti collaterali avversi nel SPC e per consentire al titolare dell’AIC di avviare una campagna di sensibilizzazione dei medici nel senso voluto e, dall’altro, ad enfatizzare, in un contesto di incertezza scientifica, la percezione dei rischi connessi all’uso off-label di Avastin [12] . La Corte aveva significativamente affermato che la trasmissione di informazioni ingannevoli (come sopra intese) all’EMA, agli operatori sanitari e al pubblico costituiva, in aggiunta ai profili antitrust, una violazione della normativa regolatoria farmaceutica dell’Unione di per sé passibile di sanzioni [13].

Ai sensi dell’art. 101 della Direttiva 2001/83 recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano [14] , il sistema di farmacovigilanza va utilizzato per raccogliere informazioni sui rischi dei medicinali in relazione alla salute dei pazienti e alla salute pubblica. Le informazioni si riferiscono in particolare agli effetti collaterali avversi derivanti dall’utilizzo dei medicinali secondo le indicazioni contenute nell’AIC, ma anche dal loro utilizzo al di fuori di tali indicazioni, nonché agli effetti collaterali associati all’esposizione per motivi professionali. La Direttiva disciplina altresì le modalità di trasmissione delle informazioni destinate agli operatori sanitari e al pubblico, prevedendo che esse siano in ogni caso presentate in modo obiettivo e non fuorviante [15].

Ai sensi dell’art. 16 del Regolamento (CE) no. 726/2004 relativo alle procedure comunitarie per l’autorizzazione e la sorveglianza dei medicinali per uso umano e veterinario [16], il titolare di un’AIC deve immediatamente comunicare all’EMA, alla Commissione e agli Stati Membri tutte le nuove informazioni e i nuovi dati che possono influenzare la valutazione dei benefici e dei rischi del medicinale che ne forma oggetto. Queste informazioni ricomprendono i risultati positivi e negativi degli studi clinici e di altri studi per tutte le indicazioni e per tutti i gruppi di pazienti, presenti o non presenti nell’AIC, nonché i dati relativi agli impieghi del medicinale non conformi alle indicazioni.

Per assicurare l’osservanza degli obblighi relativi alle AIC rilasciate attraverso la procedura centralizzata, tra cui rientrano quelli in materia di farmacovigilanza, l’art. 84 del Regolamento (CE) no. 726/2004 aveva conferito alla Commissione il potere di irrogare sanzioni pecuniarie ai titolari di AIC inadempienti, a seguito di istruttoria e su richiesta dell’EMA. La procedura e le sanzioni sono state disciplinate dal Regolamento (CE) no. 658/2007 [17] , che prevede che la Commissione possa in determinati casi imporre ammende fino al 5% del fatturato annuo realizzato nell’Unione dal titolare dell’AIC che ha commesso l’infrazione [18], [19].

Il primo caso di procedura d’infrazione avviata ai sensi del Regolamento (CE) no. 658/2007 è stato chiuso dalla Commissione Europea nel dicembre 2017 [20] senza imposizione di sanzioni e riguarda il Gruppo Roche ed, in particolare, anche Avastin. La procedura era stata avviata dall’EMA nel 2012 [21] su richiesta della Commissione, a seguito di una indagine dell’Agenzia per la regolamentazione dei medicinali e dei prodotti sanitari britannica (Medicines and Healthcare Products Regulatory Agency - MHRA). Quest’ultima aveva individuato mancanze gravi nelle procedure di farmacovigilanza di Roche, diffidandola ad intraprendere azioni correttive.

L’indagine dell’EMA si era, in particolare, concentrata su sospette inosservanze degli obblighi di farmacovigilanza per 19 medicinali di Roche autorizzati con procedura centralizzata [22], tra i quali vi era Avastin.

Sia nel suo primo rapporto del 2014, che nel rapporto finale del 2016, l’EMA ha però concluso che in realtà non sussistevano preoccupazioni sulla sicurezza dei farmaci investigati e che non erano previsti cambiamenti della documentazione e delle condizioni della loro immissione in commercio. Pertanto, sulla base di tali rapporti, la Commissione era giunta nel dicembre 2017 alla determinazione che il rapporto rischi/benefici dei medicinali in questione (ivi compreso Avastin) non era stato inficiato e che non vi erano nuove indicazioni circa il loro utilizzo.

Ed è ad esito  della  procedura  EMA e degli impegni assunti da  Roche, consistenti nell’offrire dati ulteriori sull'attività di farmacovigilanza relativa ai medicinali indagati, anche con revisioni periodiche del rapporto rischi/benefici, che la Commissione ha deciso di non infliggerle sanzioni.

Come detto, le condotte di Roche sulle quali si è espressa la Commissione a conclusione del procedimento ex Regolamento (CE) no. 658/2007 ricomprendevano anche il medicinale Avastin formante oggetto dell’indagine dell’AGCM conclusasi con la decisione poi impugnata davanti ai Giudici Amministrativi e sulla quale il Consiglio di Stato sarà fra breve chiamato a pronunciarsi. La procedura italiana antitrust e quella regolatoria comunitaria si riferiscono a periodi temporali sostanzialmente coincidenti.

Muovendo da queste premesse, ci si può domandare se la decisione della Commissione di chiudere senza irrogare sanzioni la procedura d’infrazione ai sensi del Regolamento (CE) no. 658/2007, con la quale è stata riconosciuta l’osservanza da parte di Roche degli obblighi di farmacovigilanza nel periodo rilevante in relazione (anche) al prodotto Avastin, sia suscettibile di ripercuotersi sull’apprezzamento del Consiglio di Stato.

Nel punto 92 della propria sentenza, la Corte di Giustizia aveva osservato che il carattere ingannevole  delle informazioni di farmacovigilanza discendeva nel caso di specie dalla loro non rispondenza ai criteri di completezza e precisione di cui all’art. 1, punto 1, del Regolamento (CE) no. 658/2007 e dalla duplice finalità, sottesa a tale non rispondenza, di indurre in errore l’EMA e la Commissione per ottenere delle indebite modifiche al SCP di Avastin con scopi di impropria sensibilizzazione dei professionisti della sanità a rischi in realtà insussistenti, oltre che di enfatizzare altrettanto impropriamente la percezione dei relativi rischi da parte del pubblico. Sulla base di tali presupposti e dell’assunto della violazione della normativa regolatoria (punto 93), la Corte era pervenuta alla conclusione che l’intesa “present[ava] un grado di dannosità per la concorrenza sufficiente a rendere superfluo l’esame dei suoi effetti” (punto 94); vale a dire, costituiva un’intesa per oggetto.

Tuttavia, la patente “di buona condotta” rilasciata a Roche dalla decisione regolatoria della Commissione del dicembre 2017 potrebbe aver fatto venire meno ex post il presupposto dell’infrazione antitrust consistente, appunto, nella violazione del Regolamento (CE) no. 658/2007. Se viene meno la violazione presupposta, non sembrerebbe ragionevole ricercarne i moventi e gli effetti. E verrebbe così meno la condotta, ancor prima della sua offensività [23].

In altre parole, nel decidere la causa di merito secondo i criteri fissati dalla sentenza della Corte, il Consiglio di Stato si troverà ad apprezzare una fattispecie di infrazione qualificata come “per oggetto”, consistente nella diffusione e nella comunicazione all’autorità di farmacovigilanza di informazioni ingannevoli sugli effetti e sul rapporto rischi/benefici di Avastin, laddove la Commissione  aveva  nel dicembre  2017  però  concluso  che non  vi erano addebiti di farmacovigilanza da muovere a Roche (anche) su Avastin.

In vista del riconoscimento della competenza esclusiva delle autorità regolatorie comunitarie a valutare le condotte di farmacovigilanza contenuto nella stessa sentenza della Corte, l’“oggetto” (in senso giuridico) dell’infrazione contestata e poi sanzionata dall’AGCM potrebbe essere ex post venuto meno. D’altronde, la sentenza della Corte del gennaio 2018 non avrebbe potuto tenere conto della decisione della Commissione del dicembre 2017 in quanto la fase scritta della procedura era all’epoca già conclusa e quegli elementi di prova e documentali non avrebbero in nessun caso potuto afferirvi. Tuttavia, non sembrano esservi ragioni per cui non potrebbe ora tenerne conto il Giudice del rinvio. Se il Consiglio di Stato condividesse questa ricostruzione, gran parte della decisione dell’AGCM potrebbe in via di fatto svuotarsi.

 


1 CGUE 23.01.2018, Causa C-179/16, F. Hoffmann-La Roche e a.

2 Per un’analisi di dettaglio della sentenza della Corte, si veda il nostro precedente contributo dal titolo “La Corte di Giustizia si è pronunciata sull’intesa volta a limitare l’uso off-label dell’Avastin in ambito oftalmico a favore del più costoso Lucentis”, disponibile al seguente LINK.

3 Entrambi  i  medicinali  sono  prodotti  dall’impresa  statunitense  Genentech, appartenente al gruppo Roche. La Genentech aveva affidato lo sfruttamento commerciale dell’Avastin al di fuori del territorio degli Stati Uniti alla Roche, incaricando invece il gruppo Novartis di assicurare lo sfruttamento commerciale del Lucentis fuori dal territorio statunitense, mediante un accordo di licenza nel giugno 2003.

4 I quesiti sottoposti dal Consiglio di Stato alla Corte di Giustizia erano i seguenti: “...

1) Se la corretta interpretazione dell’articolo 101 TFUE consenta di considerare concorrenti le parti di un accordo di licenza laddove l’impresa licenziataria operi nel mercato rilevante  interessato  solo in virtù  dell’accordo  stesso. Se, ed eventualmente entro quali limiti, ricorrendo tale situazione, le eventuali limitazioni della concorrenza del licenziante nei confronti del licenziatario, pur non espressamente previste dall’accordo di licenza, sfuggano all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE o rientrino, comunque, nell’ambito di applicazione dell’eccezione legale di cui all’articolo 101, paragrafo 3, TFUE.

2) Se l’articolo 101 TFUE consenta all’Autorità nazionale a tutela della concorrenza di definire il mercato rilevante in maniera autonoma rispetto al contenuto delle [AIC] dei farmaci rilasciate dalle competenti Autorità di regolazione farmaceutica (AIFA ed EMA) o se, al contrario, per i medicinali autorizzati, il mercato giuridicamente rilevante ai sensi dell’articolo 101 TFUE debba ritenersi conformato e configurato in via primaria dall’apposita Autorità di regolazione in modo vincolante anche per l’Autorità nazionale a tutela della concorrenza.

3) Se, anche alla luce delle previsioni contenute nella direttiva [2001/83] ed in particolare nell’articolo 5 relativo all’[AIC] dei farmaci, l’articolo 101 TFUE consenta di considerare sostituibili e di includere, quindi, nell’ambito dello stesso mercato rilevante un farmaco utilizzato off-label ed un farmaco dotato di AIC in relazione alle medesime indicazioni terapeutiche.

4) Se, ai sensi dell’articolo 101 TFUE, ai fini della delimitazione del mercato rilevante, assuma rilevanza accertare, oltre alla sostanziale fungibilità dei prodotti farmaceutici dal lato della domanda, se l’offerta degli stessi sul mercato sia o meno avvenuta in conformità al quadro regolamentare avente ad oggetto la commercializzazione dei farmaci.

5) Se possa comunque considerarsi restrittiva della concorrenza per oggetto la condotta concertata volta ad enfatizzare la minore sicurezza o la minore efficacia di

un farmaco, quando tale minore efficacia o sicurezza, sebbene non suffragata da acquisizioni scientifiche certe, non può, comunque, alla luce dello stadio delle conoscenze scientifiche disponibili all’epoca dei fatti, neanche essere incontrovertibilmente esclusa...”.

5 Si veda CGUE 20.11.2008, Causa C-209/07, Beef Industry Development Society e Barry Brothers, punto 17; CGUE 27.04.2017, Causa C-469/15 P, FSL e a./Commissione, punto 103.

6 Si veda CGUE 11.09.2014, Causa C-67/13 P, CB/Commissione, punto 53. Nella valutazione del contesto di riferimento, occorre prendere in  considerazione la natura dei beni o dei servizi coinvolti nonché le condizioni reali del funzionamento e della struttura del mercato o dei mercati in questione: si veda CGUE 23.11.2006, Causa C-238/05, Asnef-Equifax e Administración del Estado, punto 49.

7 E’ da ricordare che, con la nota sentenza Intel del 2017 [CGUE 06.09.2017, Causa C-413/14 P, Intel/Commissione], la Corte di Giustizia aveva, invece, rivalutato il ruolo degli effetti. In tale arresto, nell’esaminare il comportamento potenzialmente abusivo di un’impresa dominante per i fini dell’art. 102 TFUE, la Corte aveva statuito che una restrizione della concorrenza non può mai essere presunta (e non può, quindi, puramente e semplicemente costituire la conseguenza automatica di una condotta), essendo sempre necessario valutarne gli effetti attuali e potenziali alla luce di tutte le circostanze del caso (punti da 133 a 174). Questo orientamento è stato ribadito molto di recente nel caso Meo-Serviços de Communicaçoes e Multimedia, riguardante l’applicazione di tariffe discriminatorie da parte di un’impresa dominante nei confronti di partner commerciali che si trovavano in un mercato a valle [CGUE 19.04.2018, Causa C-525/16, Meo - Serviços de Comunicações e Multimédia. A tal proposito, si veda il nostro precedente contributo,  disponibile  al  seguente LINK].  Esprimendosi sulla nozione di “svantaggio per la concorrenza” di cui all’art. 102, paragrafo 2, lettera c), TFUE, la Corte ha  osservato che la mera  presenza  di uno svantaggio immediato che colpisce operatori ai quali sono stati imposti prezzi superiori rispetto a quelli applicati ai loro concorrenti per una prestazione equivalente, non implica necessariamente che la condotta dell’impresa dominante falsi la concorrenza. Secondo la Corte, solo se il comportamento dell’impresa è concretamente idoneo a produrre una distorsione delle condizioni di mercato tra controparti commerciali, la discriminazione può considerarsi abusiva. Di conseguenza, sarebbe sempre necessaria un’analisi di tutte le circostanze rilevanti (e dunque, dei loro effetti), al fine di determinare l’anticoncorrenzialità (punto 31 e Intel cit. punto 139 e giurisprudenza ivi citata). La sentenza della Corte qui in commento non sembra avere seguito questa diversa chiave di lettura.

8 Le imprese indagate nel procedimento principale sono state sanzionate dall’AGCM per aver violato il diritto della concorrenza dell’Unione nel periodo compreso tra il 1º giugno 2011 e il 27 febbraio 2014. Di conseguenza, al procedimento principale sono state ritenute applicabili: (a) le disposizioni della Direttiva 2001/83/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (GUUE L 311 del 28.11.2001), come modificata dal Regolamento (CE) n. 1394/2007 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 13 novembre 2007 (GUUE L 324 del 10.12.2007) (la “Direttiva 2001/83”), nonché, a far data dal 21 luglio 2012, da quelle della Direttiva 2001/83/CE, come modificata dalla Direttiva 2010/84/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 2010, che modifica, per quanto concerne la farmacovigilanza, la direttiva 2001/83/CE recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (GUUE L 348 del 31.12.2010) (la “Direttiva 2001/83 modificata”); (b) le disposizioni del Regolamento (CE) n. 726/2004 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che istituisce procedure comunitarie per l’autorizzazione e la sorveglianza dei medicinali per uso umano e veterinario, e che istituisce l’agenzia europea per i medicinali (GUUE L 136 del 30.04.2004), come modificato dal Regolamento (CE) n. 219/2009 del Parlamento Europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2009 (GUUE L 87 del 31.03.2009) (il “Regolamento n. 726/2004”) e, a far data dal 2 luglio 2012, da quelle del Regolamento (CE) n. 726/2004, come modificato dal Regolamento (UE) n. 1235/2010 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 2010 (GUUE L 348 del 31.12.2010 e rettifica in GUUE L 201 del 27.7.2012) (il “Regolamento n. 726/2004 modificato”); (c) le disposizioni del Regolamento (CE) n. 658/2007 della Commissione, del 14 giugno 2007, relativo alle sanzioni pecuniarie in caso di violazione di determinati obblighi connessi con le autorizzazioni all’immissione in commercio rilasciate a norma del Regolamento (CE) n. 726/2004 (GUUE L 155 del 15.06.2007) e, a far data dal 2 luglio 2012, da quelle di tale Regolamento, come modificato dal Regolamento (UE) n. 488/2012 della Commissione, dell’8 giugno 2012 (GUUE L 150 del 09.06.2012) (il “Regolamento n. 658/2007 modificato”).

9 La  farmacovigilanza è l’insieme delle attività finalizzate all'identificazione, valutazione, comprensione e prevenzione degli effetti avversi o di qualsiasi altro problema correlato all'uso dei medicinali, al fine di assicurare un rapporto beneficio/rischio favorevole per la popolazione trattata.

10 Si vedano i punti 80-81 della sentenza.

11 Punti 82-84 della sentenza: “... Per quanto riguarda i medicinali autorizzati secondo la procedura centralizzata, l’articolo 16, paragrafo 2, del regolamento n. 726/2004 impone al titolare dell’AIC l’obbligo di informare immediatamente l’EMA, la Commissione e gli Stati membri circa ogni nuovo dato che possa implicare variazioni delle informazioni necessarie per il rilascio dell’AIC, comprese quelle contenute nel riassunto delle caratteristiche del prodotto. Tali obblighi sono stati rafforzati a decorrere dal 2 luglio 2012, data a partire dalla quale si applica la modifica apportata dal regolamento n. 1235/2010 all’articolo 16, paragrafo  2, del  regolamento n. 726/2004. L’articolo 16, paragrafo  2, del regolamento  n. 726/2004  modificato  prevede  infatti  che  il  titolare  dell’AIC «comunica  immediatamente  all’[EMA] e  alla  Commissione  (...) qualsiasi altro nuovo dato che possa influenzare la valutazione dei benefici e dei rischi del medicinale interessato», ove le informazioni di cui trattasi comprendono «i risultati positivi e negativi degli studi clinici o di altri studi per tutte le indicazioni e per tutti i gruppi di pazienti, presenti o non presenti nell’[AIC], nonché i dati relativi a usi del medicinale non conformi alle indicazioni contenute nell’[AIC]». Inoltre, a norma dell’articolo 17 del regolamento n. 726/2004, il titolare dell’AIC è responsabile dell’esattezza dei documenti e dei dati che ha fornito…”.

12 Si vedano i punti 91 e 92 della sentenza.

13 Punto 93 della sentenza.

14 Direttiva 2001/83/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (GUUE L311 del 28.11.2001), come modificata dalla Direttiva 2010/84/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 2010, che modifica, per quanto concerne la farmacovigilanza, la direttiva 2001/83/CE recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (GUUE L 348 del 31.12.2010).

15 Si veda l’art. 106 bis della Direttiva 2001/83.

16 Regolamento (CE) n. 726/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che istituisce procedure comunitarie per l’autorizzazione e la sorveglianza dei medicinali per uso umano e veterinario, e che istituisce l’Agenzia europea per i medicinali. GUUE L 136 del 30.04.2004.

17 Regolamento (CE) n. 658/2007 della Commissione, del 14 giugno 2007, relativo alle sanzioni pecuniarie in caso di violazione di determinati obblighi connessi con le autorizzazioni all'immissione in commercio rilasciate a norma del regolamento (CE) n. 726/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio. GUUE L 155 del 15.06.2007.

18 Si veda l’articolo 16, paragrafo 1, del Regolamento (CE) n. 658/2007.

19 La decisione della Commissione deve essere basata sulle indagini effettuate dall’EMA nell’ambito di un procedimento formale, nonché sulle osservazioni del titolare dell’AIC oggetto del procedimento e, se del caso, di altre informazioni.

20 Si veda il nostro precedente contributo intitolato “La Commissione Europea ha chiuso la prima procedura formale d’infrazione per presunte violazioni degli obblighi di farmacovigilanza”, disponibile al seguente LINK.

21 Nei confronti di Roche Registration Ltd e Roche Holding AG

22 I medicinali interessati sono: Avastin, Bondenza, Bondronat, Bonviva, Cellcept, Fuzeon,  Heceptin, Invirase, Mabthera, Mircera, Neorecormon, Pegasys, Roactemra, Tamiflu, Tarceva, Viracept, Xeloda, Xenical e Zelboraf.

23 Ci si troverebbe in una situazione assimilabile all’assoluzione con la formula “perché il fatto non sussiste”, che assorbe quella, a valle, del “perché il fatto non costituisce reato”.


 

Avv. Roberto A. Jacchia

Studio Legale De Berti Jacchia Franchini Forlani