di Claudia Dierna
La Suprema Corte è stata chiamata a riformare la sentenza del Tribunale di Roma, adito al fine di pronunciarsi sulla richiesta di deindicizzazione del nominativo del ricorrente dal portale delle sentenze della Suprema Corte di Cassazione e di ordinare che non fosse consentita la ricerca “per nominativo” o “per patologia” del soggetto interessato. Posto che è consentito l'oscuramento dei dati personali di un soggetto processuale per "motivi legittimi" (art. 52, co. 2, D.Lgs. 196/2003), ed, anzi, è doverosa l'anonimizzazione obbligatoria dei suoi dati in determinati casi (art. 52, co. 5, D.Lgs. 196/2003), il giudice ha verificato se la richiesta del ricorrente potesse confliggere con la normativa vigente in Italia in materia di trattamento dei dati personali in ambito giudiziario.